L'episodio diventa lo spunto per una chiacchierata sulla mobilità col futuro sindaco Michele Foletti.
Negli ultimi anni trovare un posteggio in centro si è fatto sempre più difficile. Si tratta di una strategia per fare passare la gente dal mezzo privato a quello pubblico. Idea ostacolata dal Covid.
LUGANO - Ben 34 franchi per poco più di 9 ore all'autosilo Balestra di Lugano. Il salasso toccato a un valmaggese che per motivi professionali doveva recarsi sulle rive del Ceresio diventa l'occasione per una chiacchierata a 360 gradi col futuro sindaco Michele Foletti. Tema: la mobilità.
La mobilità a Lugano è sempre stata una questione difficile.
«Siamo anche stati un po' sfortunati. Noi, come altri Comuni della zona, abbiamo investito parecchio sui mezzi pubblici, sulle coincidenze e sul potenziamento delle corse. Dal 10 gennaio 2020 era entrato in vigore il nuovo modello. Ad aprile dello stesso anno sono stati potenziati anche i treni Tilo. Ma nel frattempo era arrivata la pandemia».
E il Covid ha comportato una certa fuga dai mezzi pubblici...
«È vero. Anche se alcuni dati ci possono fare intuire che un certo aumento del ricorso ai mezzi pubblici c'è comunque stato. Perché allo stesso tempo constatiamo una minore occupazione degli autosili e dei Park & Ride».
Da futuro sindaco quando vede che per 9 ore in autosilo una persona ha pagato 34 franchi cosa pensa?
«Non mi scandalizzo. Le tariffe degli autosili rappresentano uno degli strumenti per gestire la mobilità privata. Incitano a una maggiore rotazione. Sappiamo che l'autosilo non è fatto per chi vuole lasciare la macchina in centro per 9 ore. Ma per le commissioni di un paio d'ore. Se una persona ci deve stare tutta la giornata è meglio che ricorra ai mezzi pubblici, magari combinandoli con l'uso dell'auto. Impiega meno tempo e risparmia».
Durante il lockdown della primavera 2020 avevate proposto tariffe agevolate per chi usava gli autosili del centro. Visto che la pandemia non è finita, non si poteva continuare ancora un po' con questo concetto?
«Si tratta di un'iniziativa che voleva sostenere i consumatori che dovevano recarsi in centro per acquistare beni di prima necessità. Ci siamo però resi conto che a essere agevolati erano in particolare commessi e addetti ai lavori. Insomma, il nostro scopo era caduto».
Parliamo di piste ciclabili? A Lugano sembra un concetto che fatica a passare...
«La morfologia della Città è quella che è. Non possiamo stravolgerla. È evidente che ci sono dei punti in cui le piste ciclabili non possono esserci. Prendiamo in considerazione il percorso tra Piazza Manzoni e il Palazzo dei Congressi: se si volesse la pista ciclabile bisognerebbe tagliare un filare di alberi. Non mi sembra il caso. In alcune zone per fare una pista ciclabile dovremmo sopprimere i posteggi blu destinati ai residenti».
Tempo fa avete comunque presentato un piano per le piste ciclabili. Ha senso viste le premesse?
«Certo. Ci sono parti della Città dove si può andare in bicicletta. In altre le due ruote devono convivere con le auto. E in altre non si può per ovvie ragioni. Il fatto che la nostra sia una conformazione particolare non significa che non si possa fare nulla».
Torniamo al tema dei parcheggi. Nel centro di Lugano trovarne uno è un'utopia.
«Negli ultimi anni sono state soppresse diverse decine di posteggi. Ma questo faceva parte dell'accordo con la Confederazione per il finanziamento della galleria Vedeggio-Cassarate. Altri parcheggi li abbiamo tolti perché, essendo le auto sempre più larghe, in determinati punti non riuscivano più a passare i mezzi di soccorso».
L'alternativa è l'autosilo. Col rischio di essere spennati.
«A Ginevra e a Zurigo gli autosili costano di più. Anche in alcune zone di Milano e di Como. La gente ci va e non reclama».
Quando la pandemia si sarà calmata, si potrà dire se avrete intrapreso la retta via coi mezzi pubblici. Non teme critiche?
«Noi siamo curiosissimi di sapere se abbiamo fatto le scelte giuste in termini di mobilità pubblica. Purtroppo finora non abbiamo ancora avuto condizioni di normalità per potere trarre delle valutazioni. L'obiettivo resta quello di trasferire la mobilità dal mezzo individuale a quello pubblico».
Il portavoce del TCS: «Imparate a prevedere spostamenti e soste»
Nemmeno Laurent Pignot, portavoce del Touring Club Svizzero (TCS) si scompone di fronte ai 34 franchi per 9 ore pagati da un locarnese in trasferta a Lugano. «La gente – sostiene – deve imparare a prevedere in anticipo i propri spostamenti e le proprie soste. Attraverso diverse applicazioni, tra cui la nostra, è possibile capire quali sono gli autosili più economici. Non solo. È anche possibile fare delle combinazioni interessanti tra mezzo privato e trasporto pubblico. Magari qualcuno va in auto fino in stazione e poi la lascia lì per salire in treno. Oggi ci sono anche tanti metodi per fare l'ultimo chilometro. Basti pensare al boom dei monopattini elettrici (che in alcune località urbane ticinesi è difficile trapiantare, ndr). È vero che durante la pandemia le persone hanno fatto un "transfert" dalla mobilità collettiva rispetto alla mobilità individuale. Ma questo non significa che ora vanno tutti in auto. C'è anche chi si muove tanto con le biciclette elettriche ad esempio. Gli autosili cari? È sempre un gioco di domanda e offerta. Ed è chiaro che in centro questo meccanismo faccia salire i prezzi».
L'ACSI: «L'idea delle autorità è chiara, si poteva forse aspettare la fine dell'emergenza»
Laura Regazzoni Meli, segretaria generale dell'Associazione Consumatrici e Consumatori della Svizzera italiana (ACSI), è esplicita nel suo ragionamento: «È ovvio che 34 franchi per 9 ore di autosilo possano sembrare esagerati. Ogni tanto riceviamo qualche lamentela in tal senso. Però si sa che l'obiettivo è di togliere le auto dai centri urbani. E quindi il ragionamento delle autorità ci sta tutto. Resta il dubbio se non si potessero tenere le tariffe un po' più basse fino alla fine dell'emergenza pandemica».