Tra qualche settimana prenderà avvio un nuovo studio sul verde nelle città svizzere, coordinato dal ricercatore ticinese Marco Moretti
LUGANO - Lugano, Zurigo, Ginevra. Tre città, tre culture, tre climi diversi. Con centinaia o migliaia di attori che compongono ogni giorno un mosaico verde, con, per esempio, pini, palme e olivi che crescono l'uno di fianco all'altro. Ma perché si fanno queste scelte o quali effetti hanno sulla vita delle persone e sulla biodiversità?
Tra alcune settimane prenderà avvio in Svizzera un nuovo studio, denominato Pappus, dell'Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio (Wsl) e che sarà coordinato dal ricercatore ed ecologo ticinese Marco Moretti. Il progetto, ci spiega il ricercatore, «vuole analizzare i principali tipi di habitat che ci sono in città e che compongono la maggior parte del verde urbano disponibile».
Senza però concentrarsi unicamente sui parchi pubblici, ma prendendo in considerazione in totale una sessantina di zone verdi per città, che includono anche giardini familiari, privati, zone condominiali e/o lasciate a loro stesse. Queste verranno analizzate da vari istituti e con competenze diverse. «Abbiamo un sociologo, un ecologo, un climatologo e un modellista».
Su cosa andrete a concentrarvi in particolare?
L'aspetto principale dello studio sono le caratteristiche delle piante. Quindi le foglie, i fiori, la loro dimensione, la resistenza alla siccità, la distanza che i semi sono in grado volare per arrivare in città, l'evaporazione delle foglie, le quantità di polline e molti altri.
E quali sono le domande che andrete a porvi?
Quello che ci interessa capire per esempio è perché quando si va a comprare una pianta, se ne prende una piuttosto che un'altra. Perché in città ci sono certe specie di piante e non altre. Perché magari l'uomo fa di tutto pur di piantare un olivo di fianco a un pino, o nel caso di Lugano le palme, e che effetto ha questa scelta sul microclima, sulla biodiversità e sulla popolazione. E come dovranno essere i parchi del futuro.
Ragionerete anche a livello socioeconomico?
È un fattore che integreremo indirettamente. Quando sceglieremo le aree di studio, selezioneremo parchi e giardini che si trovano in zone molto densamente urbanizzate e in altre che lo sono meno. Dove è più densificato ci aspettiamo una situazione socioeconomica più sfavorevole.
Le città svizzere sono molto verdi?
Se dovessimo confrontare le città svizzere a molte città europee, le prime risulterebbero molto verdi.
Nel caso in cui il risultato della ricerca consistesse nella necessità di aumentare gli spazi verdi nei centri urbani, crede che le città sarebbero interessate a fare investimenti simili?
Non credo. Perché ora come ora la parola chiave è densificare il tessuto urbano. Non credo ci sia l'intenzione e neppure lo spazio di creare più aree verdi. Negli ultimi decenni il tessuto peri-urbano si è espanso molto e in modo disordinato. In molti comuni attorno a Lugano domina il modello delle casette monofamiliari con il giardino. Oltre a occupare molto spazio a detrimento dell’agricoltura e della biodiversità, questo modello risulta povero dal profilo sociale ed ecologico. E questo oggi non è più sostenibile.
Ma esiste un modo per rinverdirle comunque?
Se la città vuole rinverdire, lo dovrà fare aumentando la qualità degli spazi verdi esistenti e la loro interconnessione, al fine di offrire un verde multifunzionale per la natura e per l’uomo. Quindi evitare parchi il cui tappeto erboso è gestito all’Inglese e dove ancora oggi è proibito calpestare l’erba. E prediligere una diversificazione delle aree in maniera che ci siano zone con più o meno fiori, per esempio.
Oppure rinverdendo i tetti...
Città come Zurigo, richiedono che le nuove costruzioni con tetto piano, abbiano un tetto rinverdito. Per il verde sulle pareti sono un po' più scettico. Si può fare e può sicuramente contribuire ad aumentare la frescura e a ridurre gli inquinanti nell’aria, ma come habitat per animali, dubito che abbia davvero una funzione sostitutiva di un’area verde posta in orizzontale. In futuro sarà interessante ragionare di più sulle aree verdi alle quali oggi si dà ancora poca importanza, come i giardini privati, che hanno un grande potenziale per offrire habitat di alto valore ecologico.
E come potrebbe reagire la popolazione?
Quello che faremo nel nostro studio è cercare di capire se e come i vari attori - che possono essere gestori dei parchi, giardinieri, municipalità - reagirebbero se fossero informati adeguatamente sul declino della biodiversità, sui cambiamenti climatici e sull'intensificazione delle città. Sarebbero pronti a cambiare la loro attitudine verso il verde? I sociologi utilizzeranno per esempio dei questionari con o senza alcune informazioni per capire la disponibilità a modificare i propri comportamenti nel rinverdire le nostre città.