Non sono ancora finiti i guai per l’imprenditore comasco Alberto Porro, balzato agli onori delle cronache ai tempi dei blitz antimafia nel Comasco che videro in prima linea l'ormai ex P.M. Armando Spataro, colui che negli Anni '70 riuscì a dare un giro di volta alla lotta contro il terrorismo e le Brigate Rosse: a due anni dall’annullamento in Appello della pesante condanna inflittagli in Primo Grado, Alberto Porro rischia di finire nuovamente a processo. A volere per lui il rinvio a Giudicizo è ancor una volta la Direzione Distrettuale Antimafia di Milano che lo indica come appartenente ad un sodalizio dedito al traffico in grande stile di cocaina. Titolare all’epoca dell’operazione “Fiori di San Vito” della discoteca “Albert’s Club” di Fino Mornasco”, Porro è accusato di aver partecipato ad una associazione a delinquere di stampo mafioso dedita all’importazione di eroina dalla Turchia, un traffico gestito, secondo gli inquirenti, da quelli che rappresenterebbero gli eredi del boss di Rovellasca Diego Spinella morto accoppato a Turate nel marzo del ’93. L’inchiesta è nelle mani del Sostituto Luca Barbaiti che ha ereditato il fascicolo dalla Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria. Secondo il Magistrato l’omicidio Spinella sarebbe da collocare nell’ambito di un nuovo mercato che il boss aveva attivato a suo tempo con la Turchia riuscendo a ridurre i costi “sulla piazza” comasca di circa un terzo sulla media creando non poco fastidio alle cosche che controllavano l’hinterland milanese e legate alla ‘ndrangheta dei famigerati Coco di Lecco. E ancora una volta parte delle indagini si sono avvalse della collaborazione del pentito Antonio Bruno, recentemente pure lui tornato nelle rogne con la Giustizia a Roma per aver commesso reati pur godendo del cosiddetto “programma di protezione” riservato ai collaboratori di Giustizia, e ora la D.D.A. milanese chiede il processo non solo per Alberto Porro ma anche per altri 19 elementi ritenuti i personaggi principali dell’eredità Spinella. Tutti comaschi e tutti nomi noti come quello dei fratelli Francesco e Rocco Giovanni Ottinà e di piccoli manovali dell’organizzazione malavitosa residenti nel Canturino e nelle zone della Bassa Comasca. Secondo il P.M. Barbaiti, il sodalizio sarebbe riuscito nel giro di poco tempo ad allestire un vorticoso giro d’affari in grado di far “ballare” non meno di 100 chili di eroina turca al mese a partire dal marzo del ’90, subito dopo la scarcerazione di Spinella all’epoca rinchiuso per un omicidio, fino ad almeno il 5 marzo di tre anni dopo, giorno in cui venne ammazzato il boss di Rovellasca. La droga veniva acquista al prezzo di 33 milioni al chilo per le prime forniture sceso poi, viste le grosse quantità, a 27 milioni. Droga che, sempre stando ai capi di imputazione, veniva nascosta di volta in volta in terreni tra le disponibilità o appartenenti a Porro.