Qui scoppiò la rivolta che diede origine al primo corteo per i diritti lgbt. Le fatture, però, si accumulano.
NEW YORK - Quello che non poté l'Aids potrebbe riuscire al Coronavirus: a causa della pandemia che da marzo tiene in scacco New York rischia di chiudere lo Stonewall Inn, lo storico bar del Greenwich Village simbolo delle battaglie per i diritti dei gay.
La "tempesta perfetta" si è abbattuta sull'iconico locale in coincidenza con un doppio anniversario: i 50 anni dal primo Gay Pride e i cinque anni dal via libera della Corte Suprema ai matrimoni tra persone dello stesso sesso.
Una montagna di conti da pagare e le incertezze su quando la taverna potrà riaprire a pieno regime stanno da settimane erodendo la fiducia dei proprietari: «Non chiuderemo domani o dopodomani», ha assicurato alla Cnn una di loro, Stacy Lentz, ma il futuro dello Stonewall Inn à in pericolo, con le fatture per l'affitto e per l'assicurazione che continuano ad accumularsi in aggiunta ai normali costi operativi.
Stonewall è un luogo iconico per il movimento lgbt: il 28 giugno 1969 un'irruzione della polizia condita da arresti fece scoppiare una battaglia nelle strade del Village che per sei giorno oppose forze dell'ordine ai clienti transessuali e omosessuali tra cui icone come Marsha P. Johnson e Sylvia Rivera. Da allora la taverna e il Christopher Park sono diventati meta di pellegrinaggio di attivisti e curiosi. Si recà lì nel giugno 2013, come primo atto dopo la legalizzazione delle nozze gay, Edith Windsor, la donna lesbica la cui azione legale per far riconoscere il matrimonio con un'altra donna cinque anni fa convinse la Corte Suprema a far cambiare rotta all'America.
Quattro anni fa il parco davanti a Stonewall fu designato dall'allora presidente Barack Obama monumento nazionale, ma il bar non è protetto dalla proclamazione. Soltanto l'affitto - ha spiegato Lentz - è di 40 mila dollari al mese, mentre i sussidi governativi per continuare a pagare il personale sono risultati molto al di sotto di quanto ci si aspettasse. Grazie alla "fase due" che ha parzialmente riaperto New York, lo Stonewall Inn ha ripreso a servire bevande all'aperto, non abbastanza però per riportare i bilanci in attivo.
Così, mentre il Gay Pride quest'anno sarà in formato ridotto a dispetto dell'importanza dei due anniversari (il virus impedirà a milioni di persone di marciare per le strade di New York), il bar ha lanciato una campagna di raccolta fondi sulla piattaforma GoFundMe per pagare affitto e assicurazioni. In cassa, grazie all'impegno di 2'600 donatori, sono arrivati oltre 133 mila dollari, il minimo indispensabile per uscire dal profondo rosso.