La Corte d'Appello di Parigi ha dato «parere negativo» alla richiesta italiana nata con l'operazione "Ombre Rosse".
PARIGI - Era scattata il 28 aprile 2021 l'operazione "Ombre Rosse", l'azione per la prima volta congiunta tra i governi di Italia e Francia per mettere fine alla protezione Oltralpe dei fuoriusciti italiani degli anni di piombo ispirata dalla cosiddetta dottrina Mitterrand. Tutto è tramontato oggi nell'aula della Corte d'Appello di Parigi: "Avis défavorable", parere negativo all'estradizione per tutti e 10 gli imputati.
L'annuncio della presidente della Chambre de l'Instruction è stato accolto da grida e lacrime di gioia: gli imputati si sono abbracciati con sorelle, figli, mariti, mogli, fin quando la presidente ha esortato «a evitare» il tutto. Dietro la porta dell'aula, nel corridoio, il deputato leghista Daniele Belotti con il sindaco di Telgate e due rappresentanti dell'associazione carabinieri di Bergamo gridavano «assassini! Siete tutti assassini!».
C'è ancora - ma soltanto teoricamente - lo spazio per un possibile ricorso in Cassazione nei prossimi giorni da parte dell'avvocato generale, che rappresenta il governo francese. Ma, come ha spiegato all'ANSA la legale di sette ex terroristi Irène Terrel, «non è stata presa una decisione caso per caso, sono stati applicati dei principi superiori del diritto. Non c'è alcuna possibilità di ricorso, ci sarebbe soltanto in presenza di un chiaro errore formale di legge, e non è questo il caso».
Dopo mesi e mesi di esame dei dossier inviati dall'Italia, rispediti più volte indietro con richieste di supplemento di informazioni, riesaminati e passati al setaccio, la decisione non è stata - come si pensava - una soluzione ad personam. Ma una per tutti, 10 "no", un rifiuto categorico e "di principio" che non era mai stato pronunciato in precedenza.
Dopo un anno e tre mesi dall'inizio di "Ombre Rosse" quindi, Giorgio Pietrostefani, Marina Petrella, Luigi Bergamin, Enzo Calvitti, Maurizio Di Marzio, Roberta Cappelli, Sergio Tornaghi, Narciso Manenti, Giovanni Alimonti e Raffaele Ventura tornano alla normalità delle loro vite in Francia: su di loro non pende più il rischio di un'estradizione e di dover scontare in Italia pene alle quali furono condannati e alle quali si sottrassero fra gli anni '70 e '80.
«Rispetto le decisioni della magistratura francese, che agisce in piena indipendenza», è stato il primo commento della ministra della giustizia italiana Marta Cartabia «e aspetto di conoscere le motivazioni di una sentenza che nega indistintamente tutte le estradizioni. Si tratta di una sentenza a lungo attesa dalle vittime e dall'intero paese, che riguarda una pagina drammatica e tuttora dolorosa della nostra storia».
«Resta - ha aggiunto la ministra - tutta l'importanza della decisione di un anno fa con cui il ministro Eric Dupond-Moretti ha rimosso un pluridecennale blocco politico: un gesto, il suo, che è segno della piena comprensione dei drammi vissuti in Italia durante gli anni di piombo e soprattutto della fiducia del governo francese nei confronti dei magistrati e delle istituzioni italiane».
Per la presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, si tratta di una decisione «inaccettabile e vergognosa»: «Ci eravamo illusi che la dottrina Mitterrand fosse finita. Prendiamo atto che non è così. I familiari delle vittime meritano verità e giustizia. Il governo Draghi si attivi subito: questi criminali devono scontare in Italia la pena fino all'ultimo giorno».
Per la Lega «non estradare i terroristi che hanno fatto vivere anni drammatici al nostro paese e versato sangue è un atto ignobile, irrispettoso di un'intera nazione». E anche fonti del Partito democratico hanno espresso «delusione» per una «decisione grave» che riapre una ferita per i familiari delle vittime.
Nella sentenza della Corte d'Appello di Parigi, ha commentato non a caso Mario Calabresi - figlio del commissario Luigi Calabresi, ucciso 50 anni fa a Milano su mandato anche di Pietrostefani, così come ha stabilito la giustizia italiana -, si avverte «il sapore amaro del sistema francese, che per decenni ha garantito l'impunità a un gruppo di persone che si sono macchiate di reati di sangue. Oggi forse gli ex terroristi festeggeranno per averla scampata per sempre - ha detto Calabresi all'ANSA - ma auguro loro di sentire anche il bisogno di fare i conti con le loro responsabilità e il coraggio di contribuire alla verità».