Sono 160 milioni i bambini costretti a lavorare. Lo sfruttamento minorile toccherà quest'anno cifre altissime.
Una piaga sulla quale non si può chiudere gli occhi in occasione della Giornata Internazionale dei bambini.
LONDRA - Sono i più indifesi. Sono i primi a patire le conseguenze degli errori degli uomini, quelli grandi ovviamente. Spesso ne sono vittime inconsapevoli o nei peggiori dei casi consapevoli. Sono i bambini. Di cui ricorre anche quest’anno la Giornata Internazionale. Un momento buono per fermarsi e ragionare sui tanti bimbi che patiscono nel mondo qualsiasi situazione, a cui viene sottratta l’infanzia, costretti a lasciare la scuola e a privarsi dell’opportunità di costruirsi un futuro.
La Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza venne infatti siglata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre del 1989 introducendo una nuova visione delle bambine e dei bambini: non più come oggetto di cura, ma come soggetti di diritto.
160 milioni i bambini sfruttati
Convenzioni appunto che non sempre diventano realtà. A livello globale, fa sapere Save the Children, sono 160 milioni i bambini tra i 5 e i 17 anni, nelle maglie dello sfruttamento lavorativo, di cui quasi la metà – 79 milioni – costretti a svolgere lavori duri e pericolosi, che possono danneggiare la loro salute e il loro sviluppo psico-fisico.
Alcune stime parlano di nove milioni di bambini in più che rischiano di essere spinti verso il lavoro minorile entro la fine di quest’anno per le ripercussioni della pandemia. Per la prima volta in 20 anni, il fenomeno è in aumento a livello mondiale. In Perù e in India, il report - spiega la Federazione Internazionale Terre des Hommes - dimostra come molti bambini abbiano rinunciato ad andare a scuola, e abbiano dovuto iniziare a lavorare per garantire la sopravvivenza delle loro famiglie. I bambini peruviani, che lavorano come venditori ambulanti lo fanno poiché i loro genitori hanno perso il lavoro e non vedono opportunità nel loro futuro.
Nabila, 12 anni e trasporta mattoni
Lo sfruttamento dei bambini è ovunque anche nel mondo green. Se si pensa alla corsa all’energia pulita, la transizione ecologica sta causando in aree della Cina e della Repubblica democratica del Congo forme di sfruttamento e lavoro forzato, soprattutto di bambini, per ricavare silicio metallico per i pannelli fotovoltaici e cobalto per le batterie di auto elettriche.
Molti sono i bambini che lavorano nelle miniere congolesi, a mani nude o con l’impiego di arnesi rudimentali e senza alcun equipaggiamento protettivo, come mascherine, elmetti o guanti. Con ripercussioni per la loro salute sia a livello polmonare per l’inalazione di materiali tossici che a livello muscolo scheletrico per i grossi pesi trasportati. Indagini svolte da Amnesty International hanno evidenziato che il pagamento illegale medio ammonta a circa mezzo dollaro, mentre la paga giornaliera per 14 ore di lavoro varia tra 1 e 2 dollari.
Storie tristi di tutti i giorni. Come quella di Nabila in Afghanistan. Come riporta AgenPress, ha solo 12 anni e per più di 10 ore al giorno svolge il lavoro pesante e sporco d'imballare il fango negli stampi e trasportare carriole piene di mattoni. Ha lavorato in fabbriche di mattoni per metà della sua vita, ed è probabilmente la più anziana di tutte le sue colleghe. Già, perché lei lavora nelle fabbriche di mattoni da quando aveva 5 o 6 anni. Alcuni anni fa, è andata un po’ a scuola a Jalalabad. Vorrebbe tornarci, ma non può: la sua famiglia ha bisogno del suo lavoro per sopravvivere, e lei con un dolce sorriso ammette: «Non possiamo pensare a nient’altro che al lavoro». È forse questo il modo di essere bambini?
C'è chi dice no: i sogni a volte diventano realtà
C’è chi si batte affinché il futuro, ma anche lo stretto presente, siano diversi. Save the Children, da oltre 100 anni, lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro. Nel 2021 ha aiutato oltre 2,2 milioni di bambine e bambini, anche i più difficili da raggiungere, in 59 Paesi, rispondendo a 131 emergenze umanitarie in 53 Paesi, destinando 8,4 milioni di fondi e raggiungendo 1.214.088 persone (di cui oltre 634.529 mila bambine e bambini).
L'associazione ha realizzato interventi di contrasto alla povertà per oltre 447 mila persone assicurando i mezzi di sostentamento; migliorando la salute e la nutrizione di oltre 1,1 milioni di madri, neonati e bambini e garantendo il diritto all'educazione a 1,5 milioni di bambine e bambini. In particolare in Paesi minacciati dall'instabilità, sono stati forniti protezione da ogni forma di abuso e sfruttamento a 900 mila persone, soprattutto bambini e adolescenti.