Una seconda talpa del fisco USA accusa presunte interferenze politiche nella gestione delle indagini dell'erario sul figlio del presidente.
WASHINGTON - Spunta una seconda "talpa" del fisco Usa (Irs) ad accusare presunte interferenze politiche nella gestione delle indagini dell'erario su Hunter Biden, il figlio del presidente.
Si tratta di Joseph Ziegler, un agente speciale dell'Irs, che ha testimoniato davanti alla commissione di sorveglianza della Camera, controllata dai repubblicani. Il "whistleblower" (tutelato dalla legge che protegge chi denuncia presunti reati) ha sostenuto che Hunter e le sue società finanziarie hanno rastrellato oltre 17 milioni di dollari all'estero in diversi anni, a partire da quando Joe Biden era il vice di Barack Obama.
Somme provenienti da Cina, Romania e Ucraina, Paese quest'ultimo da dove sarebbero arrivati 7,3 milioni di dollari dalla compagnia energetica Burisma, dove Hunter siedeva nel CDA a 50 mila dollari al mese pur senza avere alcuna competenza nel settore. Ziegler, che si è identificato come un gay democratico, ha rivelato l'esistenza di schemi di pagamento poco chiari.
La commissione ha sentito la testimonianza anche di una precedente talpa, Gary Shapley, supervisore di Ziegler. Entrambi hanno denunciato interferenze nelle indagini da parte del dipartimento di giustizia, dell'Fbi e dell'Irs, sostenendo che molte decisione nel caso sono state influenzate dalla politica. E che gli investigatori del fisco avevano raccomandato di incriminare Hunter con accuse più gravi di quelle per le quali ha raggiunto un accordo con il pubblico ministero.
La portavoce della Casa Bianca ha ribadito che il presidente crede nell'indipendenza della giustizia e ha ricordato che il magistrato preposto all'inchiesta era stato nominato da Donald Trump.