L’accusa richiede per l’uomo anche l’espulsione dalla Svizzera per 15 anni. La difesa contesta ogni capo d’imputazione penalmente rilevante.
LUGANO - «Io non so cosa dire: posso capire la rabbia nei miei confronti, ma non l’ho mai obbligata ad avere rapporti sessuali con me».
Le accusa - Respinge anche le accuse di coazione e violenza sessuale il 36enne dimorante nel Sopraceneri, in carcere da ottobre 2023 e accusato d’aver perpetrato per oltre 10 anni soprusi verso la moglie (ora ex coniuge). I capi d’imputazione, è bene ricordarlo, sono negati dall’uomo.
La pena richiesta - La procuratrice pubblica Valentina Tuoni ha chiesto 18 anni di detenzione e 15 anni di espulsione dalla Svizzera. Nella sua requisitoria, ha ripercorso i passi dell'inchiesta, partita il 7 settembre 2023, giorno in cui la polizia si è recata nell’appartamento dei due.
«L’imputato - ha precisato Tuoni - ha sempre negato, anche davanti alle evidenze. Ha descritto il proprio matrimonio in maniera idilliaca, negando le violenze. L’atteggiamento non è cambiato oggi».
«Violenza domestica, la più difficile da denunciare» - Secondo la PP, le «violenze domestiche sono le più difficili da denunciare». Chiedere aiuto non è facile: così, i soprusi si «replicano, normalizzano e si alternano a periodi di apparente felicità».
Tuoni ha riportato una sola “dichiarazione” della vittima, paradigmatica, a suo dire, della condizione vissuta dalla donna: «Mi ha detto che i figli le chiedevano come mai il padre la insultava e la picchiava. Ha aggiunto sottolineando la propria contraddizione di vita: “Portavo le figlie allo sciopero femminista e poi mi facevo picchiare in casa”».
«Considerava la moglie una cosa propria» - Per l’accusa, la moglie dell’imputato «ha fornito dichiarazioni univoche, costanti, coerenti, intrise di dettagli. Non emergono imprecisioni, contraddizioni. Tutto il contrario di quanto riportato dall’uomo».
Secondo Tuoni, la violenza dell’uomo è stata «reiterata, sia a livello fisico sia verbale. Stupisce la brutalità verso una donna che dice di amare. Considerava la moglie cosa sua: doveva obbedire e, al contempo, subire le sue umiliazioni».
Nuria Regazzi, rappresentante dell’accusatrice privata, nel chiedere il rimborso per la vittima, ha messo l’accento sulla «spirale della violenza domestica» e sulle umiliazioni subite. Metodi che hanno causato «cicatrici psicologiche alla donna».
La difesa: «Mancano elementi probatori» - Per la difesa, l’avvocata Elisa Lurati ha contestato, nel dettaglio, ogni responsabilità penalmente rilevante mossa nei confronti dell’imputato. «Il comportamento della moglie - ha spiegato durante l’arringa - è spinto dalla gelosia per i continui tradimenti», precisando come, per quanto concerne i reati contro l’integrità fisica, «le accuse» si basino «unilateralmente su quanto detto dalla donna. Mancano elementi probatori importanti».
«Risarcimento per ingiusta carcerazione» - «L’imputato - secondo Lurati - è un ragazzo giovane e non deve avere la vita rovinata dal desiderio di vendetta di un’altra persona». Da qui la richiesta di proscioglimento, di risarcimento per l’ingiusta carcerazione e la rinuncia all’espulsione.
La sentenza è attesa per giovedì.