Secondo gli analisti, la Russia sta attuando lo stesso tipo di «operazioni informative» che hanno preceduto le due invasioni in Ucraina
MOSCA / CHISINAU - Secondo gli analisti, i titoli di testa riportano agli occhi un film che abbiamo già visto. Prima nel 2014 e poi, con un "sequel" ancora in corso, nel 2022. A è essere diverso è "l'attore protagonista", l'Ucraina prima e ora la Moldavia, mentre la regia è sempre quella del Cremlino che sta «conducendo operazioni informative molto simili», afferma l'Institute for the Study of War (ISW), a quelle che Mosca mise in moto alla viglia delle due invasioni in terra Ucraina e che potrebbero «porre le condizioni per giustificare una futura escalation russa» nel Paese.
Degli occhi di Vladimir Putin puntati sulla Moldavia, ma soprattutto sulla Transnistria - quella parte di territorio che a Chisinau è chiamata la "Riva Sinistra del Dnestr"; governata da un'autorità separatista e che ha in Tiraspol la sua capitale -, se ne parla a fiammate ricorrenti da due anni a questa parte. Da quando i cingolati di Mosca hanno varcato i confini ucraini il 24 febbraio del 2022. Perché anche in Transnistria, un po' come accade nel Donbass, risiedono decine di migliaia di cittadini russi e dalla Federazione Russa si sono levate negli anni le medesime denunce contro «episodi di discriminazione contro i residenti russofoni».
Ma torniamo al presente e alle recenti dichiarazioni del ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, che ieri, al termine del discorso pronunciato di fronte alla Duma, il parlamento russo, ha affermato che il governo moldavo è manovrato da Stati Uniti e Unione europea, rei di aver tirato il freno sui negoziati (cosiddetti) "5+2" sul conflitto in Transnistria. Stati Uniti e UE sono, in quanto osservatori, quel "+2". Nel "5" rientravano invece la Russia, l'Ucraina, la stessa Transnistria, la Moldavia e l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE).
Nelle sue affermazioni Lavrov è tornato a evocare anche quel sentimento di preoccupazione verso «il destino» dei «quasi 200mila russi» che vivono in quel lembo di terra che fa da cuscinetto tra Moldavia e Ucraina. E la Russia, ha proseguito, «non permetterà che diventino vittime di un'altra avventura dell'Occidente». Poi ci sono i "j'accuse" diretti a Chisinau, che non avrebbe destinato alcuna fetta del budget statale alle regioni che si oppongono al cammino della Moldavia verso l'integrazione con l'UE, con un dito perennemente puntato sull'Occidente e i suoi «ultimatum» imposti al governo moldavo per accomodarsi all'ombra della bandiera con le dodici stelle.
Il parallelo con i "precedenti" ucraini è presto tracciato. Tra le cause che hanno portato alla cosiddetta "operazione militare speciale" russa in Ucraina, che ormai prosegue da 24 mesi, si ricordano l'accusa rivolta a Kiev dal Cremlino per aver disatteso gli accordi di Minsk e la volontà di «proteggere» i cittadini russi all'estero. E poi c'è il fattore Occidente; in particolare Washington, accusata di aver fomentato e organizzato le proteste che si sono accese dopo la decisione dell'allora presidente ucraino Viktor Yanukovich di non firmare l'Accordo di associazione tra l'Ucraina e l'Unione europea. Contestualmente, dalla Transnistria c'è chi alimenta quelle stesse linee narrative, care al Cremlino, parlando di una «miltarizzazione" in Moldavia orientata a «reintegrare con la forza» la regione separatista. «Le tempistiche di una possibile operazione ibrida della Russia in Moldavia non sono chiare - precisa l'ISW, -, ma il Mosca sta approntando il contesto informativo per renderla possibile presto».