L'avvertimento di UBS, senza interventi il fondo di compensazione AVS sarà esaurito entro il 2035.
LUGANO - Seppure saldamente legata al diritto costituzionale, la pensione non va solo garantita ma soprattutto va finanziata e quindi guadagnata.
Per gli studiosi UBS, che hanno analizzato lo stato di salute del sistema AVS, è vero che secondo il principio dei tre pilastri, la pensione deve garantire una vita dignitosa, ma è pur vero che a goderne non devono essere solo le generazioni passate e presenti, ma anche quelle future. Dettaglio non di poco conto, soprattutto sul piano dei numeri, quelli del bilancio del nostro Paese.
E in questo senso gli economisti vengono subito al sodo: le rendite AVS attualmente erogate sono superiori a quelle che il sistema attualmente può finanziare, dunque le pensioni future non sono garantite. Secondo le previsioni dell'Ufficio federale delle assicurazioni sociali (UFAS), il fondo di compensazione AVS sarà esaurito entro il 2035 senza le opportune contromisure.
È inutile dire che le soluzioni prospettate non sono facili da digerire: un aumento dell'età pensionabile è poco popolare, intervenire sull'IVA pesa sulle famiglie, le trattenute salariali riducono l'incentivo al lavoro. Dunque che fare? Se "nulla" non è un'opzione, UBS spiega come poter colmare il "buco" del finanziamento AVS dal punto di vista delle entrate, dopo aver già annunciato, in un precedente approfondimento, che una soluzione è anche quella di collegare l'età pensionabile all'aspettativa di vita.
Dunque da dove prendere i soldi? Se quasi tre quarti delle spese dell'AVS sono finanziate dai contributi salariali e il resto proviene da fonti pubbliche, dove intervenire e come modificare lo stato attuale delle cose? Risposte non facili da dare, posto che l'aliquota contributiva regolare è già attualmente pari all'8,7% del reddito lordo, con i datori di lavoro e i lavoratori che versano ciascuno la metà e posto che, alla fine, a pagare è comunque - direttamente o indirettamente - la popolazione.
«Il 1° pilastro del sistema pensionistico svizzero non è attualmente sostenibile»
Ma come detto, le risposte non sono più procrastinabili nel tempo e secondo i tecnici si deve agire quanto prima: «Il 1° pilastro del sistema pensionistico svizzero non è attualmente sostenibile», dunque il «sistema pensioni AVS non è pienamente garantito a lungo termine».
Secondo lo studio, per ottenere una ristrutturazione AVS duratura, due sono gli aggiustamenti che potrebbero essere messi sul tavolo, uno sui contributi salariali (32,5 miliardi di franchi svizzeri nel 2019), e l'altro sui contributi del settore pubblico (11,57 miliardi di franchi). Ma come? Aumetando «nel corso degli anni» mediamente del 15,5% il gettito salariale e del 33,8% quello pubblico.
Qualsiasi risposta ha un costo sociale, il fattore "tempo".
Di certo è che le cose stanno già cambiando: l'imposta sul valore aggiunto verrà incrementata di 0,4 punti percentuali a partire dal 1° gennaio 2024 e l'età pensionabile per le donne viene innalzata gradualmente a 65 anni dal 2025 al 2028.
Necessario è anche agire sui contributi del settore pubblico, incrementando ad esempio le imposte sul tabacco e sull'alcol e i contributi federali. Compito non facile quest'ultimo perché presuppone un aumento delle imposte, che andrebbero comunque a colpire le generazioni più giovani, con prospettive di vita più lunghe. In alternativa non resterebbe alla Confederazione che fare debito, tagliare le spese dove possibile (?) o ridurre il proprio bilancio.
In conclusione, senza addentrarsi nella giungla delle cifre, qualsiasi misura verrà presa avrà un costo sociale ma quel che appare certo per gli studiosi è che prima si interviene e meno pesante sarà il carico che ciascuno di noi dovrà sobbarcarsi.
Con una constatazione, la risposta senza dubbio meno politica e con un impatto sociale forse minore è quella data dall'incremento dell'età pensionabile in base all'aspettativa di vita, con un target a 68 anni, entro i prossimi anni.
Le elezioni si avvicinano, si attendono risposte.