Giovanni Merlini
La 74. edizione del Locarno Film Festival è appena stata archiviata e le aspettative, dopo un 2020 in tono minore, non sono state deluse. Tre costatazioni iniziali: la critica cinematografica ha espresso sostanzialmente il suo apprezzamento per le scelte della giuria internazionale e della nuova direzione artistica (pur segnalando qualche isolato scivolone, per altro inevitabile considerata la vastità dell’offerta di proiezioni), la direzione operativa e tutto l’apparato organizzativo hanno vinto la loro difficile scommessa in un contesto di limitazioni dovute alla pandemia e Piazza Grande è risorta, tornando ad accogliere i suoi affezionati ospiti, gratificati dalle emozioni e dal senso di condivisione a cui avevano dovuto rinunciare l’anno scorso. Tutto ciò non è affatto scontato e lo era ancora meno quando, diversi mesi fa, la presidenza e il consiglio di amministrazione presero la decisione di proporre la rassegna nella sua forma tradizionale, in presenza e non più in forma ibrida come l’anno precedente. Si sapeva che questa opzione avrebbe comportato minori introiti e rischi inusuali. Ma in realtà non c’era una vera alternativa perché un’ulteriore edizione prevalentemente digitale avrebbe rappresentato un inquietante segnale di discontinuità, in particolare verso i partner pubblici e privati, e avrebbe altresì messo a repentaglio il pur forte legame tra il Festival e il suo pubblico, fatta eccezione per un certo numero di addetti ai lavori e di cinefili. Non si poteva nemmeno optare per una soluzione ridotta sul piano dei contenuti: ne sarebbe andata della credibilità stessa di un Festival che contando sempre di più è diventato (per suo merito) un sorvegliato speciale a livello internazionale, e basta dare un’occhiata alla rassegna stampa mondiale per rendersene conto. Il bilancio, con 78'600 spettatori totali (un calo di circa la metà rispetto al 2019) e i relativi mancati introiti, andrà letto con attenzione ma senza drammatizzazioni, inserendolo nelle complicate condizioni quadro in cui si è svolta questa edizione, nell’ambito della quale l’unico modo possibile per acquistare un biglietto è stata la riservazione online. È per altro incoraggiante che, nonostante i comprensibili timori per il perdurare dei contagi da Covid-19, gli accrediti del settore (soprattutto operatori dell’industria cinematografica e giornalisti) abbiano subìto solo una lieve flessione del 10% (sono stati quest’anno 2'836) dimostrando ancora una volta la rilevanza e il richiamo di Locarno come Città del cinema. Ed è proprio questo marchio che va coltivato con determinazione, pensando agli scenari strategici dei prossimi anni. Perché se è vero che il culmine del Film Festival sarà sempre raggiunto solo durante i fatidici dieci giorni di agosto, la sua presenza culturale e il suo impatto nel settore audiovisivo dovranno sempre più improntare anche il resto dell’anno. La nuova cattedra congiunta con il Festival sul futuro delle arti cinematografiche nell’ambito della Facoltà di scienze della comunicazione dell’USI e il lavoro della CISA-Film Academy, insieme ad altri motori di sviluppo come l’offerta di produzioni online, incontri internazionali e conferenze, nonché gli Eventi letterari del Monte Verità e l’Immagine e la Parola dovranno integrare quella “Visione Locarno 365” che ci permette d'immaginare la realtà del Festival senza soluzione di continuità durante tutto l’arco dell’anno. Il modello di sviluppo di un Festival così affermato e maturo non potrà prescindere dalla verifica dell’idoneità delle attuali strutture e del loro assetto giuridico, non da ultimo per garantire un’efficace ripartizione dei compiti (operativi, strategici e di sorveglianza) e rapporti sempre chiari e regolari con le istituzioni e i partner, oltre a un’oculata gestione dei rischi anche (ma non solo) alla luce del quadro pandemico che potrebbe condizionare anche le prossime edizioni. L’attuale dirigenza ha già impostato un’analisi strategica che scruta orizzonti temporali di medio e lungo periodo, nella consapevolezza che il Festival non può permettersi di rimanere vittima del proprio successo dormendo sugli allori. Solo adeguandosi alle radicali trasformazioni in atto nell’industria cinematografica e nelle piattaforme digitali e solo incrementando le collaborazioni settoriali e il marketing si riuscirà a garantire anche in futuro il carattere internazionale della rassegna e contemporaneamente il suo saldo ancoramento territoriale. Il tutto senza mai perdere l’anima di Locarno, che deve rimanere quella di un Festival libero, aperto, sempre declinato al plurale e coraggioso nell’offerta dei suoi contenuti.