Matteo Muschietti – sentinella dell'ambiente
Chi viene come me dalla civiltà contadina, il mese di gennaio è sempre stato un momento particolare e difficile. I rigori del freddo si fanno sentire, le giornate sono corte, ed è subito notte.
Negli anni cinquanta non esistevano le case riscaldate, ma l'unico locale dove era bello vivere era la grande cucina riscaldata dal camino, circondato dalle panche, dove tutti si riunivano per godere del caldo sprigionato dai grandi ceppi che bruciavano. Gennaio era anche il mese dove si faceva la mazza del maiale per preparare i cotechini, i salamini, e tutto il resto. Del maiale non si buttava nulla tutto era commestibile. Io ho assistito più volte a questo rito che si consumava sempre nell'ultima decina del mese di gennaio sino alla metà di febbraio. A quei tempi gli inverni erano molto rigidi e durante il periodo summenzionato le giornate erano fredde ed adatte alla mazza.
Il proprietario del maiale, alla sera invitava tutti quelli che lo avevano aiutato ad una cena a base si ossa bollite (praticamente il maiale era spolpato per adoperare le carni per il salame e cotechini) e le ossa rimaste si facevano bollire. Ma non è finita qui, si faceva pure la famosa “ Rustisciada “ a base di lombo, polmoni e cuore del maiale. Era una festa dover tutti si cibavano abbondantemente, e si beveva il merlot nostrano, che non era poi così male. Qui nel Mendrisiotto, la terza domenica di gennaio era dedicata al triduo dei morti. Si ricordavano i defunti con tre giorni di preghiera, prima che quasi tutti gli uomini partivano alla fine di febbraio per lavoro in Svizzera Interna a fare il muratore.
Negli anni cinquanta però l'immigrazione era calata di molto e la maggior parte aveva un'occupazione in loco. Erano bei tempi dove il dialogo tra gli abitanti del distretto era presente e ci si aiutava nei momenti difficili. Oggi purtroppo causa il mondo del lavoro super impegnativo, a sera la gente rientra stanca, stressata, chiude la porta e si isola, immersa in mille problemi famigliari, perché tante famiglie sono in grave difficoltà finanziarie, e il problema principale è quello di far quadrare il bilancio, per arrivare alla fine del mese.
Una domanda si pone: vivere era meglio a quei tempi, o oggigiorno? Non ho dubbi oggi si vive meglio, ci sono cure per la salute all'avanguardia, esistono le case riscaldate, non ci sono difficoltà per cibarsi in modo appropriato, ci sono mezzi di sostegno per chi è nel bisogno. Manca solo una cosa che ritengo essenziale, i momenti di aggregazione, dove potersi trovare e parlare.
Forse nei nostri comuni si dovrebbe incentivare e chiamare a raccolta la popolazione con eventi semplici atti a rafforzare il senso di comunità attiva e viva. Queste risposte le deve dare la politica che giocoforza deve entrare nelle case dei sui cittadini, aiutandoli e stimolandoli a partecipare in modo pieno alla vita della comunità dove vivono e hanno i loro affetti. Negli anni 50 ci pensava la civiltà contadina, oggi dobbiamo cambiare modo di fare politica e far partecipare la popolazione in modo attivo, per evitare che a sera ognuno chiude la porta e si isola. Una comunità è viva se esiste partecipazione.