Valentina Mühlemann, Avanti con Movimento Ticino&lavoro.
Nelle scorse settimane è uscita la notizia delle misure di “risparmio” che il Governo vuole attuare alle spalle dei cittadini. Oltre a queste, che sono un sabotaggio alle economie private, la nuova proposta è quella del taglio dei salari ai dipendenti statali. Occorre fare una riflessione sul pesante precedente che creerebbe questa manovra: se lo Stato può permettersi di decurtare il reddito dei suoi collaboratori, il privato avrà il via libera per fare altrettanto. Questo accade in un Cantone nel quale gli stipendi sono i più bassi rispetto alla media nazionale, mentre il costo della vita è uno dei più elevati.
Purtroppo, forse, non è stato preso in considerazione il fatto che si rischia di inceppare la macchina sociale che muove i cardini della nostra economia. Gli impiegati statali sono oberati di lavoro, gli obiettivi a loro richiesti sono sempre maggiori e il numero di impieghi, laddove non rimane stabile, viene drasticamente limitato.
Sul piano degli aiuti sociali e degli uffici atti all’assistenza finanziaria dei cittadini, la pretesa è che il servizio rimanga impeccabile, purtroppo i fatti sono ben altri. Vorrei spezzare una lancia in favore dell’incaricato/a URC che ha dato un provvedimento errato a un assicurato prossimo alla pensione, con la mole di incarti rispetto al numero di funzionari può capitare di fare uno scivolone, sono umani anche gli impiegati cantonali e sappiamo che il tasso di disoccupazione ha raggiunto livelli che non fanno ben sperare. È necessaria una riforma urgente sia a favore degli assicurati che in aiuto ai dipendenti.
Ogni giorno sui quotidiani leggiamo notizie che ci fanno temere per la nostra sicurezza, una persona non si sente più tranquilla a camminare per le strade dopo il crepuscolo, le forze di polizia sono costantemente sotto pressione a causa dei moltissimi interventi in cui sono chiamati a intervenire. Vogliamo abbassare gli stipendi a chi rischia la sua incolumità per la serenità dei residenti e non? Oltretutto svolgono la loro professione per un salario normalissimo, non sono certo strapagati.
I docenti sono responsabili dell’educazione dei nostri figli, del futuro del paese e sempre più spesso sono confrontati con situazioni difficili di disagio sociale dei ragazzi, si devono improvvisare amici, genitori, “psicologi” e varie altre cose per far fronte a crisi di panico e disturbi psichici vari. Ricordiamoci che lottare per il salario dei dipendenti statali, che per l’opinione pubblica sono quelli coi piedi al caldo, significa lottare per i salari di tutti noi che lavoriamo nel privato, significa garantire la sicurezza, significa garantire un’adeguata assistenza ai vari sportelli di aiuto sociale, significa evitare di farci diminuire ulteriormente il reddito.
Amalia Mirante si è espressa duramente in merito a questa iniziativa del Governo e non posso fare altro che darle ragione: gli stipendi non si toccano! Il nostro lavoro è un servizio che noi diamo al datore di lavoro e merita riconoscimento anche finanziario, con i complimenti per la collaborazione nessuno di noi va a fare la spesa né in Svizzera né oltre confine.