Lippi “salva” la Svizzera: «Quanto accaduto all’Europeo non conta nulla. E nemmeno quel che è successo a Basilea»
«Nessuna certezza per la seconda», Marcello Lippi guarda a Italia-Svizzera.
ROMA - Italia-Svizzera, (quasi) tutto in una notte. Come finirà? Un parere è tanto autorevole quanto autorevole è la persona che lo esprime. E se il parere che si cerca è su Italia-Svizzera allora, curriculum alla mano, sono poche le persone più adatte a “parlare” di Marcello Lippi.
Capace di vincere tutto a livello di club, dove ha lasciato il segno in Europa (campione “intercontinentale”, europeo e italiano con la Juventus) e in Asia (trionfo in Champions e nel campionato cinese con il Guangzhou Evergrande), il 73enne tecnico ha legato il suo nome anche e soprattutto agli Azzurri, che nel 2006 ha condotto al successo nel Mondiale. Duro, esigente ma sempre onesto, pure al momento di chiacchierare il mister viareggino - miglior allenatore del mondo per club nel 1996 e 1998 e per nazionali nel 2006 - ha lasciato da parte i fronzoli, allontanando un passato che “non scenderà in campo”.
Quando era alla guida dell’Italia, per tre volte Lippi si è trovato a incrociare la Svizzera. Tre partite, tre amichevoli, tre pareggi (1-1 a Ginevra nel maggio 2006, 0-0 a Basilea nell’agosto 2009, 1-1 a Ginevra nel giugno 2010).
«Sì ma quelli erano altri tempi, non c’entra nulla - ci ha ammoniti l’ex selezionatore - Il calcio cambia molto velocemente e parlare adesso di quelle partite e di quei risultati non ha senso. È importante solo quello che succederà questa volta a Roma».
La Svizzera non parte favorita, è vero; Yakin non ha comunque fatto mistero di apprezzare anche un pareggio. Partirà pensando prima di tutto a difendersi.
«Non mi permetto di entrare nel merito delle decisioni di un commissario tecnico, che è sempre quello che conosce meglio di tutti il suo gruppo, quello della Nazionale. Sa bene cosa possono dare i suoi calciatori, quali sono i loro punti di forza e i loro punti deboli, e soprattutto sa in che modo affrontare l’incontro per provare a ottenere il massimo possibile».
Puntare al pari - se questa è l’idea - non rischia però, alla lunga, di essere rischioso?
«Yakin sceglierà la tattica che reputa migliore per le caratteristiche della vostra squadra. Si vedrà poi se avrà avuto ragione».
All’Europeo l’Italia ha dominato e vinto 3-0. All’“andata” in queste qualificazioni ha giocato meglio mancando però il successo. C’è la possibilità che, ripensando alle due partite, gli Azzurri finiscano con il sottovalutare la Svizzera?
«Quanto accaduto all’Europeo non conta nulla. E nemmeno quel che è successo nella sfida di Basilea. Quei risultati sono già archiviati. Questa è una partita tutta nuova. Una partita da giocare e da non sbagliare. Una finale per entrambe. L’Italia comunque è due anni che sta facendo bene. Pensa a fare il suo gioco rispettando ma non temendo alcun avversario, rispettando ma non temendo la Svizzera, e di sicuro non si farà condizionare dagli ultimi scontri diretti. La Nazionale di Mancini, che mi piace, è coraggiosa, ha un’identità precisa e idee chiare. Le porterà avanti con convinzione come ha sempre fatto. Per vincere e qualificarsi».
Chiudere il girone da secondi e finire agli spareggi - con la nuova formula che prevede semifinale e finale in due partite “secche” - è estremamente rischioso. Sarebbe un problema per l’Italia ma, forse, ancor di più per la Svizzera.
«Sono discorsi che preferisco non fare. Non conosco così bene la vostra Nazionale per prevedere quello che potrà succedere in caso di arrivo al secondo posto del girone. Entrambe le squadre puntano a vincere. Sarà fondamentale riuscirci, tutto qui. Perché chi andrà agli spareggi non avrà alcuna certezza».