Boris Zürcher ha fatto una carriera fuori dal comune. Oggi guida la Divisione lavoro a Berna. Lo abbiamo intervistato
BERNA - Tempi duri per gli apprendisti. Il Covid ha sforbiciato i posti di tirocinio in Svizzera, e in particolare il Ticino. Il volto preoccupato di Berna è quello di Boris Zürcher, direttore della divisione lavoro della Seco, che di recente ha rilanciato l'allerta.
Il momento è «delicato» conferma il 56enne in un'intervista a tio.ch/20minuti. «Ma rimango ottimista». Viene da credergli perché - cosa che pochi ai piani alti della Confederazione possono dire - anche lui ci è passato. Prima di fare carriera è stato tassista, fattorino, apprendista disegnatore industriale. Un'esperienza in salita, di cui non si vergogna per niente.
Dottor Zürcher, sono tempi duri per gli apprendisti. Lei ci è passato: non è sempre stato un economista.
«È vero. Ho un certificato federale di capacità come disegnatore industriale. Dopo le scuole dell'obbligo, feci domanda a diverse aziende. Per mia fortuna ho potuto scegliere tra diverse offerte, cosa che al momento non è più scontata»
Nel complesso, che ricordo ha di quell'esperienza?
«Sono stati quattro anni importantissimi. Mi hanno insegnato la resistenza e la pazienza, e a tener fede alle proprie scelte»
Poi però ha cambiato strada.
«È andata così. I miei voti a scuola non erano abbastanza buoni per frequentare una scuola superiore, o un liceo. L'apprendistato è stata un'opzione valida. In realtà da grande volevo diventare pilota di aerei, quindi mi era chiaro che avrei fatto un apprendistato in ambito tecnico-industriale. Poi però non ho passato la selezione per entrare nell'aviazione militare».
Il sogno non è decollato.
«Capita. Ho dovuto aprirmi a nuove strade. Ho fatto la maturità federale, e poi mi sono trovato di fronte a un altro bivio. All'università all'inizio volevo iscrivermi a fisica. Però ero anche molto interessato alla storia e alla sociologia. Alla fine ho scelto economia».
Una scelta laboriosa.
«Era un buon compromesso, con una combinazione interessante di scienze sociali e approccio scientifico»
Riprendere gli studi è stato difficile?
«Ho lasciato la casa dei miei genitori a 19 anni, e da allora mi sono dovuto mantenere da solo. Ho sempre fatto lavori part time durante gli studi: il tassista, l'autista di consegne a domicilio. Nelle pause estive, di solito tornavo alla mia professione di disegnatore industriale, che mi fruttava bei soldi. Da ragazzo non mi preoccupavo molto del futuro».
La sua carriera successiva in ambito accademico dimostra che, a volte, cambiare idea è una buona idea.
«C'è anche bisogno di fortuna. Ma come dice il proverbio, la fortuna arriva quando sei pronto. Non ho mai avuto un progetto di carriera ben definito, ma sono sempre rimasto aperto alle opportunità. A muovermi non era tanto l'ambizione, ma il senso del dovere, direi. È sempre meglio non montarsi la testa».
Lei ha figli?
«Sono padre di due ragazzi»
Che consiglio darebbe ai giovani che si trovano, oggi, a entrare nel mondo del lavoro?
«Odio dare dei consigli ai miei figli su cosa fare da grandi. Perché odiavo quando mio padre ne dava a me. La mia responsabilità è di assicurare che possano raggiungere il loro potenziale. È l'unica cosa che chiedo loro. Non dissipare le loro risorse, ma raggiungere il loro potenziale».
In Svizzera c'è sempre più richiesta di profili professionali "alti" e molto formati. Questo riflette uno spostamento dell'economia, dal settore industriale a quello dei servizi. Anche la sua carriera sembra rispecchiare questo spostamento.
«Oggi i diplomati che frequentano le università o le scuole universitarie professionali sono in crescita, e sono in percentuale molti di più rispetto ai miei tempi. Ma poter beneficiare di una formazione d'eccellenza è un privilegio».
Crede che la Confederazione dovrebbe investire di più negli apprendistati, e nella formazione di base?
«Il settore pubblico spende già una considerevole quota di risorse nell'educazione. Più soldi investiti negli apprendistati potrebbero scoraggiare l'iniziativa da parte del settore privato».
La disoccupazione tra i giovani tra i 14 e i 25 anni è peggiorata molto in Svizzera negli ultimi mesi. Lei ha parlato di «uno dei trend peggiori degli ultimi anni».
«Penso che la situazione sia temporanea. Le cose miglioreranno sicuramente. Una crisi come quella che stiamo attraversando rappresenta anche nuove opportunità. Per i giovani, ad esempio, è un'occasione per proseguire negli studi oppure seguire dei corsi di formazione vicini ai propri interessi personali».
In Ticino, le difficoltà per gli apprendisti in cerca di un impiego sono maggiori rispetto al resto della Svizzera. L'offerta è calata del 12 per cento a maggio (rispetto alla media nazionale del 4 per cento). Il Consiglio di Stato però è ottimista.
«Il Canton Ticino è stato certamente colpito maggiormente dalla crisi del Covid. Per questo motivo, non sorprende che per riprendersi l'economia impiegherà un po' di più. Ma non c'è ragione di perdere l'ottimismo per il futuro».
Città come Locarno hanno fatto sforzi per incentivare le aziende ad assumere apprendisti. Alcuni partiti hanno chiesto un maggiore intervento da parte del Cantone. Lei cosa ne pensa?
«Incentivare le assunzioni è sicuramente importante. Tuttavia, ancor più importante è convincere le aziende del fatto che formare apprendisti è un vantaggio anche per loro. Richiede dello sforzo, ma alla fine conviene».