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SVIZZERARegole sul lavoro per i non vaccinati: «Mi sento discriminato»

19.07.21 - 10:19
Dal pranzo in solitudine alla mascherina FFP2, la pressione su chi non vuole farsi immunizzare si fa pesante.
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Fonte 20Minuten/Anja Zingg
Regole sul lavoro per i non vaccinati: «Mi sento discriminato»
Dal pranzo in solitudine alla mascherina FFP2, la pressione su chi non vuole farsi immunizzare si fa pesante.
Secondo Unia, determinate imposizioni violerebbero i diritti della persona: «In Svizzera non esiste una vaccinazione obbligatoria».

ZURIGO - Pranzo alla postazione di lavoro, lontano dai colleghi. E mascherina FFP2 in tutti gli spazi. Per tutto il giorno. Sono queste le disposizioni imposte da alcune aziende ai non vaccinati in seguito al recente ritorno al lavoro in presenza deciso dal Consiglio federale

Un pasto davanti al computer - Quando B.M.* (39) tornerà in ufficio il mese prossimo, riferisce lei stessa, non le sarà più permesso di pranzare con i suoi colleghi negli spazi comuni. Dovrà invece, per volere del suo capo, farlo alla sua postazione di lavoro. E questo, perché non è vaccinata. Nel frattempo, le è inoltre stata imposto di indossare una mascherina FFP2 tutto il giorno, mentre chi si è fatto somministrare il preparato immunizzante può muoversi liberamente senza alcun tipo di mascherina. Il suo capo ha poi richiesto a chi vuole vaccinarsi di comunicare in anticipo le date di appuntamento.

Peer-pressure - «Riesco a sentire gli sguardi dei miei colleghi quando cammino per i corridoi indossando una mascherina. Mi sento discriminata e messa sotto pressione», racconta B.M., che lavora nell'amministrazione di un'impresa artigiana di un centinaio di dipendenti nel canton Zurigo. Non è contraria alla vaccinazione, sottolinea, vuole solo prendersi un po' più di tempo per decidere. «Ma con il regolamento attuale siamo categorizzati a colpo d'occhio».

«Le persone non vaccinate vengono marchiate» - Anche nel caso di L.K.* (26), il personale che ha avuto un rendez-vous con Pfizer o Moderna e quello che invece ha dato buca sono trattati in maniera diversa. Tutti i dipendenti dell’azienda di logistica per cui lavora, con sede ad Argovia, hanno avuto due settimane di tempo per presentare il certificato di vaccinazione al dipartimento risorse umane. E chi non è stato vaccinato deve continuare a indossare la mascherina, dice la giovane. Anche lei, che attende la seconda dose, deve indossarla. «Penso che sia un male che le persone non vaccinate vengano marchiate con questa procedura. Si viene etichettati e guardati di traverso».

Contro la propria volontà - L. si dice particolarmente infastidita dal fatto che i singoli dipendenti cedano alle pressioni e si facciano vaccinare, anche se in realtà non avrebbero voluto. Ognuno dovrebbe essere in grado di decidere in maniera indipendente se desidera o meno sottoporsi alla vaccinazione, afferma. 

«Il datore di lavoro viola i diritti della persona» - Il sindacato Unia condanna i casi descritti. «Non è consentito richiedere la prova della vaccinazione ai dipendenti», afferma Serge Gnos, responsabile della comunicazione. «Prima di tutto, in Svizzera non esiste una vaccinazione obbligatoria. E in secondo luogo, il datore di lavoro viola i diritti personali dei suoi dipendenti quando chiede loro tali dati personali». E riguardo alla questione pranzo: «Il datore deve mettere a disposizione dei suoi dipendenti un break room. Le pause pranzo alla postazione di lavoro sono consentite solo se la persona è di picchetto, ad esempio, ma quel tempo conta comunque come orario di lavoro».

* nomi noti alla redazione

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