La questione è poco esplorata in Svizzera. Roman Heggli di Pink Cross: «Servono linee guida precise per le aziende»
BERNA - Quando si parla d'integrazione delle persone LGBTQI in Europa, tutti vorrebbero considerarsi come un esempio da seguire. Tuttavia, un nuovo studio dell'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro svela che gli individui non etero sono spesso bersaglio di scherzi e oggetto di prese in giro sul posto di lavoro. E questa situazione si traduce inevitabilmente tanto in conseguenze psicologiche quanto fisiche.
Statistiche alla mano, circa la metà delle persone LGBTQI nel Vecchio continente afferma di aver subito forme di mobbing o bullismo nell'ambito professionale. E queste cosiddette "micro-aggressioni" - che includono le prese in giro, ma anche calunnie e occhiatacce - sono considerati veri e propri fattori di rischio da un punto di vista psicologico. Restando sulle cifre, uno studio a livello europeo del 2020 indicava che fino al 90% delle persone transgender hanno subito qualche tipo di maltrattamento o molestia sul posto di lavoro. E il problema esiste anche in Svizzera.
Un argomento poco esplorato in Svizzera
Le persone non eterosessuali, ha spiegato a 20 Minuten Roman Heggli, direttore di Pink Cross, «sono continuamente vittime di discriminazione sul lavoro» nel nostro Paese. Parlare di bullismo o intimidazione può essere forse eccessivo in alcuni casi, ma forme di ostilità e commenti stupidi sono all'ordine del giorno. E poi «esistono anche forme di discriminazione invisibili. Come ad esempio quando un formulario non consente d'inserire il nome di un partner dello stesso sesso», aggiunge Heggli.
Uno studio approfondito di queste situazioni sul posto di lavoro, riguardante l'intera comunità LGBTQI, al momento non esiste. «L'argomento - conferma il numero uno di Pink Cross - è ancora molto poco esplorato in Svizzera», anche se nel rapporto 2020 dello Swiss LGBTQI+ Panel viene indicato che oltre metà delle persone afferma di aver subito qualche forma di discriminazione in famiglia, negli spazi pubblici, da parte delle istituzioni, al lavoro, in ospedale o all'università e a scuola. Fortunatamente, prosegue Heggli, anche in Svizzera il livello di consapevolezza e sensibilità su queste tematiche sul posto di lavoro è migliorato negli ultimi anni. «In particolare, nelle aziende di respiro internazionale, è considerata una grande priorità».
Linee guida, consapevolezza e risposte
Anche le imprese di medie e piccole dimensioni non stanno però a guardare. Ed è ciò che gli impiegati si aspettano. «L'integrazione delle persone con diversi orientamenti sessuali non è ancora il massimo tra la popolazione svizzera», spiega Heggli. Quello che serve sono linee guida chiare per le aziende e «iniziare a far nascere la consapevolezza pubblica già nelle scuole». E, aggiunge l'esperto, è importante prendere posizione se si assiste a qualsiasi forma di discriminazione. «Se vi capita di sentire qualcuno rivolgere un commento omofobo o transfobico a qualcuno, reagite e criticate».
L'idea di linee guida ad hoc non soddisfa però il fronte delle imprese. Secondo Franz Grüter, consigliere nazionale UDC e membro di comitato dell'Unione svizzera degli Imprenditori, le aziende «trattano i propri dipendenti con grande rispetto e senza discriminare nessuno, né in base alla loro sessualità, né per il colore della pelle, la razza o religione». Le grandi aziende, aggiunge, prestano poi un'altretanto grande attenzione. E «nel caso si dovrebbe al massimo guardare a ogni singola impresa e non zavorrare tutte le aziende con un ulteriore carico di burocrazia».