L'incredibile storia di uno degli svizzeri a bordo della Sea Side e delle sue 36 da incubo: «Là sotto è rimasta una parte di me».
LOSANNA - Michael Miles, architetto vodese di 71 anni, è uno dei due svizzeri finiti nel tragico naufragio della Sea Side, impegnata in una crociera sul Mar Rosso. La sua storia ha davvero dell'incredibile.
«All'improvviso il pavimento della nostra cabina è diventato il tetto», ha raccontato al portale 24Heures l'uomo. In seguito a quell'incidente, 4 persone hanno perso la vita e 7 restano ancora disperse.
L'imbarcazione si è capovolta dopo essere stata investita da una violenta ondata, facendoli finire 12 metri sotto al livello del mare: «A quel punto il corridoio era già praticamente sommerso, e io e il mio compagno di stanza (un finlandese, ndr.) abbiamo deciso di restare all'interno. Tentare di scappare in apnea ci è subito sembrato molto meno sicuro che aspettare».
Un'attesa che è stato un vero e proprio supplizio, nella stanzetta era rimasta l'aria ma tutti i mobili erano distrutti e ogni rollio poteva causare delle ferite e dei graffi.
L'aria, inoltre, era resa pesantissima dalla fuoriuscita di carburante: «Le ore passavano lentamente e dolorosamente, non sentivamo nulla e nessuno ci stava cercando... Per farmi forza mi sono detto: ”Se dovessi morire qui, mia moglie ne soffrirebbe immensamente”. Colto dalla disperazione, nelle prime ore di martedì registrerà un messaggio d'addio proprio per lei, sulla sua fotocamera».
Poco dopo - 36 ore dopo che l'imbarcazione si era ribaltata - i subacquei dei soccorsi li individuano: «Ho visto la luce delle loro lampade passare sotto la porta della cabina, ho spostato un grosso materasso che la ostruiva e loro sono entrati». Per uscire sono stati forniti loro dei respiratori.
«A una settimana dal dramma devo dire che mi sento ancora “in modalità sopravvivenza», continua il vodese, «la mia priorità adesso è quella di riprendere il controllo della mia vita, che mi è scappata di mano sul fondo di quell'imbarcazione. Devo far guarire il mio corpo, ma anche riordinare le emozioni che ho provato in quelle lunghe ore».