All'udienza gli imputati per riciclaggio imboccano strategie difensive differenti
Il difensore del municipale ha chiesto quali siano le accuse formali nei confronti del suo assistito. A metà dicembre la decisione del Gup sul consulente finanziario, tra rinvio o proscioglimento
BERGAMO - Si è rimesso in moto l’ingranaggio dell’inchiesta “Pecunia olet” che vede tra i sei imputati, accusati di riciclaggio, anche il municipale di Lugano Tiziano Galeazzi. Ne parla oggi l’edizione locale del Corriere della Sera di Bergamo e tra Bergamo e Brescia si snoda appunto l’indagine sui presunti reati fiscali commessi dall’imprenditore Luca Sirani e familiari: sotto sequestro 10 milioni di euro su conti elvetici fatti rimpallare tra Calcio (il comune d’origine di Siriani), Singapore, San Marino, le Isole Marshall e la Svizzera.
Imputati al bivio - La novità di ieri è che gli imputati sembrano aver imboccato strategie difensive agli antipodi. Gianbattista Scalvi, il penalista di Brescia, che assiste la famiglia Sirani, ha presentato infatti una richiesta di patteggiamento che è stata respinta dalla Procura. «È stato solo un passaggio tecnico, per garantirci la possibilità di chiedere il patteggiamento a dibattimento - ha commentato Scalvi -. È un caso che dobbiamo ancora definire, vedremo. Posso dire che, anche se ridimensionati, i sequestri sono rimasti in essere».
La difesa del municipale - L’avvocato di Galeazzi, Davide Giudici del Foro di Como, ha imboccato un'altra strada. «La difesa - secondo quanto riferisce l’articolo - non punterà sul patteggiamento, la scelta potrebbe essere quella di farsi giudicare a pieno, andando al rito ordinario». Oppure al proscioglimento: in aula il difensore di Galeazzi ha chiesto di chiarire quali sono le accuse formali contro il suo cliente. Non ricevendo però risposta. Il municipale di Lugano si è sempre difeso sostenendo che la sua attività di consulente finanziario è stata considerata illecita per errore dalla Procura di Bergamo. Nel lungo iter, a favore di Galeazzi c'è una sentenza del 2018, in cui il Tribunale penale federale aveva smontato il reato di riciclaggio, mantenendo tuttavia il sequestro su 4 milioni di euro. Parte del denaro sarebbe stato versato in Svizzera prima dei reati contestati in Italia. Il municipale, lavorando in banca, si è sempre difeso sostenendo di essersi attenuto alle leggi e alle regole bancarie elvetiche al tempo in cui il segreto bancario era ancora un totem e non un tabù. La titolare del conto in Svizzera, la moglie di Sirani, era da tempi molto precedenti l'inchiesta una cliente della banca.
Il tempo delle mele - Per l’accusa invece i «magazzini di mele» a cui faceva riferimento al telefono Galeazzi, parlando con i Sirani, erano i conti-deposito di denaro da riciclare. Dall’inizio dell’inchiesta sono trascorsi ormai cinque anni e anche la funzione dell’imputato ticinese è mutata: allora era un semplice consigliere comunale (e granconsigliere dell'UDC), oggi rappresenta invece la Città di Lugano come municipale. Per conoscere come proseguirà la vicenda giudiziaria occorrerà attendere il 15 dicembre. Il pm ha chiesto per tutti gli imputati il rinvio a giudizio. Per quella data il giudice dell’udienza preliminare Maria Beatrice Parati si è riservata ogni decisione. In particolare quella di soppesare la richiesta dell'avvocato Giudici di stralciare Galeazzi dall'inchiesta. Tra rinvio o proscioglimento, se ne saprà di più tra un mese.