L'economista russo Vladislav Inozemtsev spiega al Sole 24 Ore perché la Russia non teme né una crisi economica né i suoi effetti.
MOSCA/WASHINGTON - Sanzioni all'economia del proprio Paese, alte spese di guerra, inflazione al 10% e costo del denaro al 21%. Tutto vero ma togliamoci dalla testa che nei prossimi due o tre anni la Russia venga interessata dall'esplosione di una crisi economica. Ne è convinto l'economista russo Vladislav Inozemtsev, che rilascia un'intervista al Sole24Ore nel tentativo di capire se le scelte di guerra dello Zar potranno essere influenzate dall'economia.
Niente di tutto questo, a sentire il professore e consulente speciale del Russian Media Studies Project presso il MEMRI Institute di Washington, che non può certo essere tacciato di sostenere Putin, visto che viene considerato dal regime come “agente straniero”.
«Nel mondo di Putin, l’importanza dell’economia equivale quasi a zero», dice il Professore al quotidiano finanziario italiano, per poi aggiungere che per il leader del Cremlino quello economico è «solo uno strumento che genera denaro per continuare la guerra». Passa dunque in secondo piano «il benessere della gente».
E nonostante l'economia di Mosca «molto probabilmente rallenterà nel 2025», il popolo russo non sembra «farsi scuotere dalle sfide economiche, perché non percepisce ciò che comunemente viene attribuito a un’economia di guerra». Del resto i residenti delle capitali godono di una qualità di vita che, secondo Inozemtsev, «appare migliore di 10-15 anni fa».
Difficile quindi aspettarsi proteste e disordini, dato che la gente percepisce le difficoltà «non come conseguenza della guerra». Quanto invece ai rapporti con l'Occidente e alla richiesta russa di vedersi abolire le sanzioni, l'economista sentenzia: «Non posso immaginare un’abolizione dell’intero sistema sanzionatorio, ma credo che alcune restrizioni verranno sollevate, o modificate», con il risultato di un rilancio della fiducia e quindi «degli investimenti e dei consumi». Dal punto di vista finanziario, l'esperto non vede nemmeno il rischio di una stretta dovuto alla concessione di prestiti alle attività produttive militari, visto che «gli enormi stanziamenti previsti dal budget sono una fonte di denaro sufficiente per l’industria».
In tutto questo, appare evidente che Mosca, nonostante le sanzioni imposte, sia riuscita ad "alimentarsi" vendendo, tra gli altri, petrolio, gas, e metalli. Infine, il prodotto interno lordo, che era sceso all'inizio della guerra (2022), secondo il Fondo Monetario internazionale ha poi dato segni di ripresa, attestandosi al 3,6% circa in ciascuno degli ultimi due anni.
E mentre oggi l'UE firma il suo 16° pacchetto di sanzioni contro la Russia, su Telegram la portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ironizza così: «Pensavo che fosse semplicemente stupido da parte loro sfornare questi pacchetti contro la Russia. Ma anche se le sanzioni non stanno funzionando, ci sono sempre più pacchetti, mentre le cose peggiorano nell'Europa occidentale».
Tutto fa quindi pensare che Putin sia tutt'altro che in difficoltà, tanto che Inozemtsev, dopo aver espresso molta cautela sulla possibilità che le posizioni di Russia e Occidente sull'Ucraina e sui confini possano conciliarsi, si avventura in una previsione: «La mia scommessa è che il conflitto proseguirà oltre il 2025».