Il Centro di ricerca congiunturale del Politecnico di Zurigo ha interrogato 167 esperti del settore, molti poco convinti dall'acquisizione
BERNA - L'acquisizione di Credit Suisse (CS) da parte di Ubs è la migliore scelta possibile, come da dieci giorni continuano a ribadire esponenti del Consiglio federale e della Banca nazionale svizzera? No, risponde la stragrande maggioranza degli esperti interpellati nell'ambito di un sondaggio. Assai meglio erano altre soluzioni, in primo luogo una nazionalizzazione; anche perché la reputazione della Svizzera ne è uscita con le ossa rotte.
Non è capitato spesso negli ultimi tempi, ma in questa occasione popolazione e accademici sembrano per una volta essere perfettamente concordi, chiosa oggi la Neue Zürcher Zeitung (NZZ), che insieme al Centro di ricerca congiunturale del Politecnico di Zurigo (KOF) è andata a chiedere un parere sul mega-matrimonio bancario a 167 ricercatori universitari in economia.
Lo scetticismo emerso da precedenti rilevamenti demoscopici fra i comuni abitanti del paese viene condiviso anche dagli specialisti: solo il 19% del campione considera l'acquisizione di CS da parte di UBS la migliore soluzione nella situazione di crisi che si era creata.
Il 28% avrebbe voluto applicare le regole "too big to fail", peraltro fino a due settimane or sono presentate dalle autorità come la risposta al problema costituto dalle banche sistemiche. Ancora più caldeggiata dagli esperti è però un'altra via: l'acquisizione di CS da parte dello stato, combinata con una possibile vendita della banca in un secondo momento, un'opzione significativamente migliore per il 48% di chi ha risposto.
Secondo la NZZ quest'ultimo dato è degno di nota, in quanto gli economisti generalmente considerano le soluzioni del settore privato - e il Consiglio federale ha cercato di presentare l'acquisizione concordata come tale: un'operazione commerciale, non un salvataggio, ha affermato il 19 marzo la consigliera federale Karin Keller-Sutter - più favorevolmente di un intervento statale. Sommando il 48% al 28% si ottiene un 76% di economisti che non sostengono la scelta dell'esecutivo federale.
Un capitolo a parte è il ricorso al diritto di necessità e l'ormai famoso azzeramento delle obbligazioni AT1, che è avvenuto malgrado gli azionisti abbiano perso solo una parte del valore dei loro titoli.
L'80% degli interrogati ritiene che la reputazione della piazza finanziaria svizzera ne sia uscita danneggiata, per il 25% in modo addirittura grave. Dubbi emergono anche sul fronte della concorrenza: il 50% degli esperti è convinto che l'accesso al credito, per i privati e le aziende, sarà più difficile, e oltre uno su due si aspetta un peggioramento dei servizi bancari.
Se sembra non essere stata un'operazione vantaggiosa per gli svizzeri, la fusione lo è almeno per UBS: il 78% degli interrogati pensa che la banca presto di nuovo guidata da Sergio Ermotti - che secondo notizie di stampa pianificava l'acquisizione già nel 2016 - abbia fatto un buon affare o addirittura buonissimo. Certo aiuta il fatto che la Finma - ricorda la NZZ - abbia cancellato con un tratto di riga 16 miliardi di obbligazioni AT1.
Tuttavia in un commento un partecipante al sondaggio mette in guardia da un'eccessiva euforia da parte di UBS: con il tempo la fusione potrebbe pesare sulla valutazione dell'istituto. Il rischio per l'unica grande banca svizzera rimasta rimane considerevole, malgrado le garanzie statali e il basso prezzo di acquisto, per motivi finanziari e di reputazione, osserva lo specialista.