Dopo gli attacchi missilistici, la parola passa alla diplomazia, ma l'esito delle negoziazioni è incerto
DAMASCO - L’eco dei missili lanciati sulla Siria nella notte fra venerdì e sabato continuava a riecheggiare, domenica, nelle parole di Donald Trump, che difendeva l’efficacia dell’intervento condotto con Regno Unito e Francia. Assad assicurava invece dal canto suo che «l’aggressione» avrebbe «unito» il suo Paese. Londra, intanto, escludeva che fossero in programma altri attacchi a breve.
«Adesso è l’ora della diplomazia, promossa dalla Francia, che ha già portato alla proposta di un’indagine indipendente sulle armi chimiche in Siria», afferma Marco Di Liddo, responsabile Area geopolitica del Ce.S.I. - Centro Studi Internazionali di Roma. «Le negoziazioni, tuttavia, non saranno semplici perché il termine “indipendente” è piuttosto aleatorio: questa situazione rischia di andare avanti a lungo», aggiunge.
A fare la differenza riguardo a eventuali sviluppi sul campo saranno la risposta russa, iraniana e del regime: «Se Damasco continuasse, come la si accusa di fare, ad utilizzare armi chimiche, la prossima risposta degli Stati Uniti sarebbe più muscolare», assicura l’esperto. «Trump, al contrario del suo predecessore, non vuole fare la figura di quello che traccia delle linee rosse per poi spostarle sempre più in là», spiega.
Stati Uniti, Regno Unito e Francia hanno condotto un attacco missilistico congiunto su tre postazioni militari e strategiche siriane in risposta a un presunto attacco chimico su civili a Duma risalente al 7 aprile scorso.