Alberto Togni, Consigliere comunale a Gordola e membro di Direzione del Partito Comunista Ticinese
Quanto era da settimane sulla bocca di molti, e che in Ticino non ha mancato di suscitare discussioni, è ormai ufficiale: dalla BNS non arriverà il versamento a beneficio di Confederazione e Cantoni. La causa è una perdita di 132 miliardi di franchi che ha completamente bruciato la riserva per future ripartizioni di 102,5 miliardi.
Per il Ticino si tratta di una minore entrata di quasi 140 milioni di franchi, che purtroppo si tradurrà verosimilmente in una manovra di rientro che, fosse anche spalmata su più anni, non lascia presagire nulla di buono per le prestazioni sociali e chi ne usufruisce, soprattutto nell’attuale contesto di rincaro e perdita del potere d’acquisto.
Ma come si è giunti a una perdita di queste proporzioni? Purtroppo, la BNS non rilascia informazioni, neanche alla classe politica, in merito al suo portafoglio, tantomeno alle sue scelte d'investimento (e questo è già problematico di suo). Grazie alla SEC però, l’autorità federale statunitense preposta alla vigilanza e regolamentazione del mercato azionario, sappiamo che la BNS deteneva quasi 180 miliardi di azioni americane (ben il 20% degli investimenti totali della banca), di cui 40 solo nel controverso settore dei GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft) e che proprio il forte calo di questi titoli rappresenta circa tre quarti della perdita azionaria totale annunciata dalla BNS (54 miliardi).
Una delle motivazioni è quindi la scelta - incomprensibile se pensiamo che la BNS è una banca centrale tenuta costituzionalmente ad agire nell’interesse generale del paese - di collocare una quota così sproporzionata delle proprie attività in un mercato altamente volatile e rischioso. Una seconda ragione invece, e come Partito Comunista la criticammo in solitaria già nel 2015, è la grossa esposizione in euro portava avanti dall’istituto per evitare l’apprezzamento del franco (obiettivo tra l’altro centrato solo a fasi alterne).
La BNS deve assolutamente cambiare strategia, diversificando maggiormente le proprie esposizioni, ma anche ripensando alle sue politiche, ovvero non limitandosi più a distribuire (quando possibile) gli utili, ma anche concedendo crediti a Confederazione e Cantoni e rendendo la sua politica monetaria uno strumento per lo sviluppo socio-economico della Svizzera. E non da ultimo, oggi a maggiore ragione vista anche la decuplicazione del suo bilancio negli ultimi 20 anni, occorre abolirne lo statuto di indipendenza rispetto alle autorità politiche e quindi in ultima istanza, dalla popolazione.