Leandro De Angelis, Candidato al Gran Consiglio e Co-presidente dei giovani verdi liberali Ticino
La settimana scorsa sono stato a un interessantissimo evento del Circolo Battaglini intitolato “Attacco allo Stato Liberale”, che mi ha fatto riflettere. L’età media del pubblico si aggirava tra i 50 e i 60 anni e mi ha stupito il fatto che fossero presenti due o trecento persone. Mi sono chiesto come mai quando si discute di un tema così cruciale con la generazione dei miei genitori si riempiono gli auditori, mentre se si propone lo stesso evento a un pubblico della mia età (ho 26 anni) è già bello se si radunano una ventina di persone. La mia impressione è che la parola “liberale” per queste due generazioni abbia significati molto differenti. Il motivo potrebbero essere i contesti storici nei quali i baby boomers e i ventenni di oggi sono cresciuti.
Una persona di 50-60 anni è nata durante la Guerra Fredda, quando la Primavera di Praga veniva soffocata dai carri sovietici, la Grecia era una dittatura militare, in America Latina si succedevano i colpi di stato e molti paesi dell’Europa Occidentale erano scossi da terrorismo interno. La democrazia era percepita come qualcosa di fragile, per cui bisognava combattere. La democrazia liberale era per molti l’obbiettivo al quale ambire. Per questa generazione di svizzeri, “liberalismo” è soprattutto sinonimo di diritti umani, libertà di pensiero e libertà di espressione. Poi arriva anche la libertà economica, ma per loro “liberalismo” è prima di tutto un concetto in antitesi a repressione, dittatura eccetera. È un ideale positivo.
La mia generazione invece è nata e cresciuta con la sensazione che la democrazia sia qualcosa di acquisito, assimilato, parte integrante del DNA per lo meno di ogni paese dell’Europa Occidentale. Il termine “liberale” noi lo abbiamo sentito non tanto in relazione alle lotte per la libertà, ma a discussioni strettamente legate all’economia. Da molti miei coetanei la parola “liberalismo” viene erroneamente associata a una sola cosa: al liberismo economico nella sua concezione più dura. Un mondo economico senza barriere, dove lo Stato non ha il diritto di intervenire nei mercati in alcun modo. Un liberismo esagerato che viene associato ai risvolti negativi della globalizzazione, all’impotenza del singolo, al cambiamento climatico e ai problemi sociali. Insomma: un concetto negativo. Questa visione, seppure comprensibile, non è corretta ed è pericolosa, perché ci fa dimenticare che le libertà e la democrazia che conosciamo oggi si basano su un equilibrio delicato, che va protetto di continuo.
Confrontati alla crisi dello stato liberale che stiamo vivendo (si pensi ai populismi crescenti), è essenziale lavorare con i più giovani (ma non solo) per riabilitare il liberalismo e spiegare cosa questo termine rappresenta (o può rappresentare, dato che ha più di un significato). Non è un compito facile, ma è una sfida che noi giovani verdi liberali Ticino vogliamo affrontare, cominciando con evento online, il 20 di febbraio alle 18.30, aperto a tutti, nel quale partiremo da una discussione sul significato di “liberale” per arrivare a capire in che modo una visione liberale sia compatibile con l’ambientalismo.