Lettera aperta dal Comitato cantonale delle commissioni del personale delle Istituzioni sociali
BELLINZONA - Nonostante le unità di personale impiegate all’interno della scuola e dell’amministrazione pubblica siano analoghe a quelle dei settori sociosanitari e socioeducativi, sono stati i docenti e gli impegnati pubblici i grandi protagonisti delle mobilitazioni che hanno infiammato le piazze, i dibattiti televisivi e parlamentari.
Le conseguenze sono ben evidenti. Docenti e impiegati pubblici si sono, giustamente, visti eliminare il cosiddetto contributo di solidarietà del 2% e, come compensazione della perdita del carovita, riceveranno perlomeno una tantum di 400 franchi e due giorni aggiuntivi di vacanza per il 2024.
Una piccolezza, certo; se poi si considera l’aggiunta della non sostituzione del personale partente nella misura del 20%, un quasi nonnulla. Eppure i compensativi offerti a docenti e impiegati pubblici non sono stati minimamente corrisposti al personale dei settori socioeducativi e sociosanitari, che contrariamente sono stati abbandonati sia dall’opinione pubblica che dalla politica.
Ai settori è stato, per esempio, imposto 11 milioni di risparmi a carico esclusivo delle strutture con il conseguente blocco di vari progetti in corso e futuri. Sono state ridotte le riserve e verosimilmente il personale potrebbe subire il taglio lineare dell’1.5% sui salari così come il mancato carovita.
Educatrici, operatrici, infermieri, assistenti di cura etc. sono state le grandi figure dimenticate durante il lungo iter che, volente o nolente, sta smantellando pezzo per pezzo il settore pubblico, e che ha già di fatto – tramite la completa inosservanza – azzoppato quello para-pubblico, comprensivo per l’appunto del settore sociale e sanitario.
Di riflesso, giovani in difficoltà, persone disabili, persone fragili, persone malate etc. sono rimaste parimenti colpite da una politica miope e improntata al risparmio. È in questo senso che, come operatrici, educatrici, infermieri, vegliatrici e non solo, ci diciamo estremamente preoccupati.
Innanzitutto le nostre preoccupazioni sono rivolte alle condizioni di lavoro con cui il settore sociale, già di suo sotto pressione e di facile abbandono, dovrà far fronte nei prossimi tempi.
Condizioni che sembravano aver trovato un valore, sennonché perlomeno una visibilità, durante la pandemia da Covid-19, ma che sono presto tornate a essere scontate e invisibili una volta passata l’emergenza. Eppure, la nostra maggiore preoccupazione e apprensione si rivolge alle persone di cui ci prendiamo cura.
Ci spaventa non disporre più delle risorse necessarie per aiutare le persone più fragili della nostra società come, per esempio, un giovane con evidenti problematiche mentali, una donna in stato di handicap, o una minorenne rimasta, momentaneamente o per tutta la vita, sola.
Insomma, la nostra paura è non poter più avere la possibilità di fare il nostro lavoro, allungando quelle liste d’attesa e di presa a carico già troppo lunghe. È inevitabile che la riduzione delle risorse nel settore sociale acuirà i problemi di utenti e pazienti a cui saranno inevitabilmente dedicate cure più approssimative, in cui la relazione d’aiuto tra educatore e paziente sarà seriamente messa in difficoltà.
A ciò si aggiungerà anche la diminuzione dei servizi e di conseguenza l’esclusione dalle cure di persone in difficoltà.
Ci rivolgiamo quindi alla politica, affinché ponga dei correttivi rispetto ai tagli imposti ai settori sociosanitari e socioeducativi, perché riconosca il giusto valore del nostro lavoro, ma soprattutto al fine di tutelare tutte le persone che hanno bisogno di noi.
Nel concreto chiediamo: