La crisi dell'HCL sotto la lente di Reuille: «Probabilmente questa rivoluzione economicamente costerà parecchio al Lugano, ma è necessaria».
«Lugano, bisogna guardare avanti e non indietro...».
LUGANO - L'incubo è finito. La stagione del Lugano è andata agli archivi con un tristissimo playout. La speranza è che sulle rive del Ceresio sia stato toccato il fondo e che si possa imparare dai (tantissimi) errori commessi su più fronti. Allora sì che questo campionato, fra qualche anno, potrà essere visto come utile e terapeutico.
Abbiamo chiesto un'analisi a Sébastien Reuille, uno che l'hockey a Lugano lo ha vissuto intensamente per molto tempo. «Chiaramente è stata una stagione molto deludente - ha dichiarato l'ex bianconero - Per una struttura come Lugano, giocare i playout non fa parte delle aspettative del club. Se guardiamo bene, però, è già da due-tre anni che le stagioni non sono all'altezza e, pensando al campionato 2023/24, i problemi erano stati "nascosti" dal raggiungimento dei playoff tramite i play-in. Quest'anno è arrivata la goccia che ha fatto traboccare il vaso».
Perché si è arrivati qui?
«Io credo che ci siano tante piccole e grandi cose durante gli anni che, messe insieme, pesano come un macigno e diventano una montagna. I risultati sono un po' lo specchio dei tanti errori commessi su più fronti. Non voglio puntare il dito contro nessuno, ma è evidente che così non si può andare avanti. Per il Lugano il lavoro duro comincia adesso, bisogna prendere questa stagione come un'occasione per ricostruire, trovando la strategia giusta per il club. Urgono dei cambiamenti, serve qualcosa di nuovo, di fresco...».
Bisognerà dunque armarsi di pazienza alla Cornèr Arena?
«Certamente. Non è un lavoro che fai in un'estate e sono sicuro che l'anno prossimo non si punterà al titolo. Già con un nuovo direttore sportivo un passo importante e nella giusta direzione è stato fatto, ma spero che sarà fatto di più. Probabilmente questa rivoluzione dal punto di vista economico costerà parecchio al Lugano, ma è necessaria».
Fossi tu il direttore sportivo, faresti piazza pulita a livello di giocatori stranieri?
«Non voglio difenderli, ma è difficile rendere quando sei in una situazione del genere. Sicuramente tanti giocatori non hanno performato al loro livello e bisognerà analizzare bene la situazione per capire chi tenere e chi mandare via, anche con contratti in essere, allo scopo di ricostruire qualcosa di sano. A mio avviso, oggi a Lugano manca uno zoccolo duro di giocatori con una certa dose d'esperienza che lotta per la maglia. Come possono essere Fazzini, Thürkauf e Morini. Servono elementi in grado di trascinare il gruppo, attorno ai quali costruire il resto della squadra. Sarebbe bello che si puntasse anche su qualche giovane U20 da inserire in pianta stabile nella prima squadra. Come detto, sarà un lungo percorso a 360 gradi (sportivamente/Management), ma è giunto il momento di ricostruire».
Pensi che Steinmann sia l'uomo giusto?
«Secondo me si tratta di un'ottima scelta. È molto bravo a reclutare i giocatori e a trovar loro il ruolo giusto. Non ha lavorato molto bene solo a Rapperswil, anche a Zugo - quando aveva lavorato nel settore giovanile a stretto contatto con Reto Kläy - aveva dimostrato di possedere una gran visione e un ottimo fiuto».
Ad oggi, Lugano è una piazza molto meno attrattiva rispetto ai tuoi tempi?
«Sicuramente, dopo le ultime stagioni, la piazza bianconera ha perso parte della sua attrattività. Nonostante il Lugano resti un buon club in Svizzera, con una storia importante alle spalle, è fondamentale guardare al futuro e non indietro. Oggi, a parità di contratto e offerta, i giocatori con esperienza e con un certo appeal tendono a scegliere altri top club svizzeri, attratti dalla possibilità di competere per un titolo, di crescere professionalmente e di inserirsi in una strategia societaria ben definita su più anni. L'HCL conserva ancora parte del suo prestigio, costruito negli anni d’oro del Grande Lugano, ma il tempo passa. Non bisogna dimenticare esempi come Langnau, Kloten e altre realtà che, grazie a strategie mirate, infrastrutture moderne e soluzioni pratiche, hanno saputo svilupparsi rapidamente sia a livello societario che sportivo. Un giocatore cerca stabilità, una visione chiara, riconoscimento, successo e fiducia, proprio come qualsiasi altro dipendente all'interno di un'organizzazione o una società».
Ultima domanda: che profilo dovrà avere il nuovo allenatore?
«Non andrei a prendere qualcuno soltanto perché magari ha trascorso tante stagioni in NHL. Se vogliamo citare un esempio, punterei su un allenatore alla Hedlund. Ma sono sicuro che Steinmann abbia le idee in chiaro e abbia già individuato il profilo ideale. Serve qualcuno in grado di saper gestire giocatori giovani, con una certa esperienza, gli stranieri, ecc. Il ruolo di un coach è quello di portare un'idea di gioco, ma anche saper comunicare con tutte le componenti della squadra. Nell'hockey moderno questo è necessario... Vedrei qualcuno che non ha mai o quasi mai lavorato nel nostro campionato, ma che conosce bene l'hockey svizzero ed è in grado di saper portare una ventata d'aria fresca a Lugano...».