L’epidemiologo Marcel Salathé contesta una «mancanza di trasparenza nel progetto europeo PEPP-PT».
Ma resta il progetto dell'app svizzera con approccio decentralizzato DP-3T, che protegge maggiormente la privacy.
LOSANNA - Un’app per tracciare e contenere la diffusione del coronavirus. È stato presentato con queste parole, tra fine marzo e inizio aprile, il progetto europeo PEPP-PT (Pan-European Privacy Preserving Proximity Tracing). In pratica ogni paese aderente al progetto proporrà ai propri cittadini un’app in cui annotare ogni giorno il proprio stato di salute. E questo consentirà un tracciamento non solo nazionale ma europeo. L’app permetterà di «localizzare, tramite bluetooth, gli utenti e informare chi si è trovato per almeno 15 minuti accanto a una persona risultata positiva al Covid-19».
«Interrompere la catena di trasmissione» - Matthias Egger, a capo della task force elvetica per combattere il Covid-19, ne aveva parlato lo scorso 2 aprile in conferenza stampa, asserendo che circa il 30% della popolazione avrebbe potuto partecipare al progetto (a cui si aderisce su base volontaria). «Ciò potrebbe aiutare a interrompere la catena di trasmissione e, di conseguenza, impedire ulteriori contagi», aveva aggiunto.
Il passo indietro svizzero - I paesi che si sono subito dimostrati interessati sono Germania, Austria, Francia, Italia, Malta, Spagna e Svizzera, con un team di ricercatori dell’EPFL di Losanna e dell’ETH di Zurigo. L’epidemiologo Marcel Salathé aveva prestato il suo volto nella presentazione del progetto europeo per la piattaforma di monitoraggio della prossimità, accanto a Chris Boos - fondatore della startup tedesca Arago per l’automazione dei processi aziendali - e Thomas Wiegand, direttore del Fraunhofer Heinrich-Hertz-Institut al Politecnico di Berlino. Ma l’epidemiologo dell’EPFL ieri ha deciso di salutare il progetto. «Non faccio più parte di PEPP-PT - ha dichiarato alla Neue Zürcher Zeitung -. Non so più in quale direzione sta andando il progetto e non ho più fiducia in quello che sta accadendo.
Sì alla collaborazione, ma con privacy - In particolare, Salathé ha criticato la mancanza di trasparenza. «Per ora PEPP-PT non è abbastanza aperta e trasparente - ha scritto su Twitter, dissociandosi personalmente dal progetto -. Sono ancora aperto all’idea di collaborare a livello internazionale per una tracciabilità dei contatti, preservando la privacy. I dettagli sono importanti».
Modello centralizzato vs. decentralizzato - La domanda centrale è come vengono gestiti i dati. In un sistema centralizzato, i dati (anonimizzati) di tutti gli smartphone vengono caricati su un server centrale (gestito dalle autorità sanitarie). Se una persona risulta positiva al Covid-19, il server manda un avviso a tutte le persone che si sono trovate nelle vicinanze del contagiato. Nell’approccio decentralizzato (DP-3T), preferito dagli svizzeri, viene eliminato il server “onnisciente”. Questo riceve solo l’ID del cellulare della persona infetta e lo trasmette a tutti gli altri telefoni. Spetta all’app informare il proprietario nel caso di un incontro con il contagiato.
Tutti i paesi garantiscono la protezione dei dati? - Il sistema PEPP-PT inizialmente era stato pensato per funzionare in entrambi i modi, mentre oggi pare si vada verso un approccio centralizzato. Nella discussione sulle app per il tracciamento del coronavirus, la questione della privacy resta il punto più pungente. Soprattutto considerato che si tratta di un progetto che coinvolge più paesi e risulta difficile assicurarne il rispetto da parte di tutti, così come che i dati non vengano custoditi per altri scopi.
Anche i giganti preferiscono la privacy - Apple e Google, prima di Pasqua, si sono fatte avanti per mettere a disposizione la piattaforma di tracciamento basata sul bluetooth favorendo il dialogo dei loro sistemi operativi per tutte le applicazioni che le istituzioni mondiali vorranno mettere in campo. E, avevano precisato, sarà darà «la massima importanza a privacy, trasparenza e consenso» degli utenti. L’approccio di Apple e Google sarebbe molto simile al DP-3T dei ricercatori svizzeri. Un aspetto apprezzato da Salathé, che però ha «la sensazione che siano molte le pressioni per propendere verso un approccio centralizzato».
I am personally disassociating from PEPP-PT. While I do believe strongly in the core ideas (international, privacy-preserving), I can't stand behind something I don't know what it stands for. Right now, PEPP-PT is not open enough, and it is not transparent enough. 1/3
— Marcel Salathé (@marcelsalathe) April 17, 2020