Ma con la pandemia l'anno cinematografico non è riuscito a riprendersi
BERNA - Tra annullamenti e posticipazioni, la mancata ripresa dell'anno cinematografico non ha sorpreso. Ma Ivo Kummer, responsabile della sezione cinema dell'Ufficio federale della cultura (UFC) distingue un punto positivo: l'ascesa del documentario svizzero.
Con il 41%, la quota di mercato del film documentario svizzero è di un terzo superiore alla media degli ultimi dieci anni. Questo può cambiare molto di anno in anno, rileva Kummer in un'intervista bilancio con l'agenzia di stampa Keystone-ATS. Nel 2015, questo genere occupava 23% del mercato e nel 2021 68%, variazioni soprattutto legate ai film di finzione.
Tra i documentari che hanno riscosso più successo figurano "Lynx" di Laurent Geslin e "Il Nuovo Vangelo" di Milo Rau. Il primo è stato presentato in prima mondiale sulla Piazza Grande al Locarno Film Festival. Il secondo, che risitua la storia di Gesù nell'epoca contemporanea, è stato proiettato in vari festival internazionali e ha ricevuto il premio del Cinema svizzero nella sua categoria.
Finanziamenti migliori - Secondo Kummer, non si tratta di una nuova moda fra i registi svizzeri. Ciò che è certo è che nessun altro paese produce così tanti documentari, peraltro apprezzati dal pubblico. A metà dicembre, erano ben 44 i film a essere stati proiettati al cinema.
Inoltre, d'ora in avanti i documentari beneficiano di un miglior finanziamento. Tra il 2016 e il 2020 gli aiuti sono passati da 16,5 milioni di franchi a 19 milioni. Una manna che ha contribuito a migliorare la qualità, precisa il responsabile del cinema svizzero.
Non c'è stato un secondo "Platzspitzbaby" - Con un totale di circa 60 film, di cui sei produzioni minoritarie, La produzione cinematografica svizzera è ancora circa il 20% al di sotto dei livelli pre-pandemia (2019: 76). Le entrate nei cinema dovrebbero essere anch'esse nettamente inferiori a quelle del 2020, quando il film "Platzspitzbaby" ha rappresentato da solo la metà di tutte le vendite di biglietti.
Eppure, c'era motivo di sperare in produzioni come "Stürm - Bis wir tot sind oder frei", che narra la relazione tra uno dei più celebri criminali svizzeri e del suo avvocato, o "Und morgen seid ihr tot", che racconta la presa di ostaggi di due svizzeri sulla via della seta dieci anni or sono. "Francamente non è andata bene", ammette Kummer.
Il cinema luogo di scambi - Nonostante una campagna per riportare il pubblico al cinema, a quanto pare i cinefili non si sentono abbastanza sicuri. Neppure l'ultimo film di James Bond, "No Time to Die", è riuscito a invertire la tendenza. Il passaggio al digitale è invece stato confermato.
Kummer invita i gestori a fare delle loro sale dei luoghi di cultura. "Il cinema dev'essere più che acquistare un biglietto e mangiare pop-corn". In questa prospettiva, l'UFC prevede aiuti puntuali per permettere ai cinema di organizzare discussioni tematiche o di invitare una troupe cinematografica a margine della loro programmazione.
L'ascesa del digitale non è così negativa. I festival hanno saputo districarsi spesso a corto termine fra il proporre una parte o l'insieme delle loro proiezioni online, osserva Kummer. Questa esperienza digitale potrà essere rivalorizzata dopo la crisi sanitaria.
I colpi della pandemia - Per quanto riguarda la produzione cinematografica, questa ha dovuto attraversare un nuovo anno di pandemia. Ha potuto contare su misure di sostegno rapide grazie ad altri organi di aiuto al cinema e alla Società svizzera di radiotelevisione (SSR), spiega Kummer. I danni hanno potuto essere ridotti, soprattutto per i produttori.
Inoltre, una seconda stagione di cortometraggi sul lockdown è stata finanziata in collaborazione con la SSR. I risultati, che fungono da testimoni dell'epoca, hanno permesso ai cineasti di esprimere le loro riflessioni sulla pandemia. Questi sono visibili sulla piattaforma Play Suisse.