70 ore di lavoro a settimana ma la borsa resta stretta, quella del doppio impiego è un realtà in crescita in Svizzera.
Non abbastanza poveri per ricevere aiuti, ma al limite dell'auto-sussistenza. La storia di un 44enne operaio che fa anche delivery per far quadrare i conti: «Senza il caffè non so come farei».
ZURIGO - In casa di Andrea*. la sveglia suona alle ore 10, ma tutto si può dire di lui fuorché sia un dormiglione. Il 44enne argoviese si alza, fa colazione e inizia il suo lavoro di Food Delivery che lo terrà occupato fino alle 13:30. Poi una pausa, e la ripresa del turno fino 23:00 quando timbra l'ingresso in fabbrica dove resterà fino alle 6 del mattino seguente. Dopo di che il rientro a casa, una manciata di ore di sonno e poi si ricomincia.
«Non so come farei senza il caffè e le bevande energetiche», confessa l'argoviese ai colleghi di 20 Minuten, «è uno schifo, non c'è dubbio, e sono davvero al limite ma le bollette sono così tante e ho una famiglia da mantenere».
Malgrado il doppio lavoro, per Andrea la borsa resta comunque stretta: «Se salta fuori una spesa imprevista sono nei guai» e un aiuto statale è fuori discussione: anche con solo uno dei due lavori non è considerato un lavoratore povero e non ha diritto a un'integrazione da parte della disoccupazione o dall'Assistenza.
Verrebbe da pensare che, nella ricca Svizzera, il suo sia un caso eccezionale ma la verità è che si tratta di una realtà sempre più diffusa: «Anche fra gli svizzeri quella del doppio lavoro è una tendenza al rialzo» spiega Philip Frei dell'associazione mantello Consulenza Budget Svizzera, «e visto il rincaro generalizzato lo diventerà ancora di più nei prossimi mesi».
«Da un lato», continua Frei, «ci sono gli stipendi molto bassi di alcuni settori, come quello degli operai di fabbrica, e dall'altra i costi crescenti di benzina, elettricità e casse malati. E così, per far quadrare i conti, in tanti si cercano un lavoretto aggiuntivo come quello del delivery dei pasti». Particolarmente sotto pressione sono le famiglie con più figli.
Il suo consiglio, se ci si trova alle strette, è quello di stilare un budget accurato delle proprie spese e tentare capire dove si può risparmiare e - se necessario - chiedere aiuto, alle istituzioni e alle associazioni: «Le risorse sono tante e spesso, per ignoranza o per vergogna, non le si sfrutta a dovere».
«A volte uno stipendio a tempo pieno non basta», chiosa invece Adrian Wüthrich di Travailsuisse che sostiene come il problema sia «ben noto» e, purtroppo, «sempre più presente in questi tempi d'inflazione alle stelle».
La soluzione alla problematica potrebbe essere un salario minimo garantito, assegni famigliari calcolati sul reddito, ulteriori aiuti per le famiglie o costi più bassi dei servizi per l'infanzia: «In questo modo si potrebbe combattere in maniera efficiente la povertà famigliare».
Secondo Claudia Stöclki del sindacato Syna, con il 2023 (e il già annunciato aumento di casse malati ed elettricità) la situazione peggiorerà ulteriormente: «Bisogna pensare ad aumenti salariali che vadano oltre l'adeguamento per l'inflazione, altrimenti rischiamo di trovarci davanti a una situazione davvero critica».
*nome noto alla redazione