Fumata nera ai negoziati che vedono contrapposti sindacati e azienda.
GINEVRA - I negoziati tra Uber e gli autisti sono falliti a Ginevra. I secondi hanno respinto ieri sera nel corso di un'assemblea la proposta di convenzione destinata a regolamentare il passato. I sindacati chiedono allo Stato di far rispettare la legge.
«Prendo atto di questa decisione. Ho convocato Uber per sapere come intendesse mettersi in regola sul pagamento degli arretrati», ha dichiarato oggi ai media la consigliera di Stato Fabienne Fischer, responsabile del Dipartimento dell'economia e dell'impiego. A fine maggio, il Tribunale federale aveva decretato che gli autisti di Uber sono considerati come dipendenti e non come lavoratori autonomi.
Fischer si attende ora una proposta dell'azienda sui salari arretrati e verificherà poi se questa è conforme al diritto. A suo avviso, la proposta di convenzione "sembrava" esserlo. Uber ha tempo fino al 15 ottobre per mettersi in regola. La consigliera di Stato ginevrina non si azzarda a un pronostico su cosa succederà. «Non escludo alcuna possibilità», ha dichiarato.
Interrogata sulla sua responsabilità in questo fallimento, Fischer ha messo in evidenza il suo ruolo di mediatrice, con la messa a disposizione di competenze tecniche del suo dipartimento. «Non era mia competenza quella di trovare un accordo al posto delle due parti», ha aggiunto. Essendo i negoziati confidenziali, la consigliera di Stato si è rifiutata di fornire dettagli numerici.
Sindacati: «una proposta non all'altezza»
Cifre sono invece state fornite poco dopo da Unia e dal Sindacato Interprofessionale dei Lavoratori (SIT). Uber ha proposto di pagare 15,4 milioni di franchi di arretrati sui contributi sociali per il periodo da gennaio 2017 a giugno 2022, ha spiegato ai media Jean-Luc Ferrière, co-segretario generale del SIT. Egli ha precisato che risulta impossibile da verificare se tale importo comprendeva la parte che spetta ai dipendenti.
Per questo periodo di cinque anni e mezzo è stata prevista anche una compensazione complementare di 4,6 milioni. Mentre Uber ritiene che solo le corse e gli avvicinamenti siano da considerare tempo di lavoro, i sindacati chiedono che si tenga conto del tempo di attesa. «Questa proposta non era all'altezza. E a questo si aggiunge il fatto che le spese ammontano alla metà delle entrate», ha aggiunto Ferrière.
«La tariffa forfettaria per le spese è stata calcolata sulla base di 10,5 centesimi per chilometro, contro i 70 centesimi richiesti dagli autisti», ha spiegato Caroline Renold, avvocato di Unia. Se si tiene conto del tempo di attesa a 28 franchi l'ora, i sindacati arrivano a 46 milioni di franchi. «I 4,6 milioni non sono conformi alla legge. Gli autisti erano disposti ad accettare un minimo di 12 milioni», ha sottolineato.
«Una proposta indegna»
Un ulteriore ammontare di 400'000 franchi doveva servire alla copertura di casi di rigore, malattie e infortuni. «È stato considerato indegno e persino umiliante», ha detto Ferrière. Ieri sera l'accordo quindi è stato respinto a larghissima maggioranza dai circa 50 autisti presenti sui 150 affiliati ai due sindacati.
Questi denunciano l'atteggiamento di Uber, che ha fatto perdere molto tempo in queste trattative fornendo i propri dati solo quando la piattaforma di dialogo rischiava di essere sospesa. «Ora ci aspettiamo che trasmetta i dati individuali a ciascun autista conducente, in conformità con la legge», ha dichiarato Anne Fritz, segretaria del sindacato Unia.
«Contiamo sul Consiglio di Stato e sul del Dipartimento dell'economia e dell'impiego per far rispettare la legge e combattere il dumping salariale», ha ribadito Caroline Renold. Se si dovesse raggiungere un accordo tra Uber e lo Stato, gli autisti potrebbero far valere le loro rivendicazioni solo davanti ai Probiviri (il Tribunale del lavoro), poiché il diritto svizzero non consente azioni collettive, ha precisato.
Uber: «continuiamo a impegnarci in modo costruttivo»
Da parte sua, Uber Svizzera si rammarica che non sia stato raggiunto un accordo «data la notevole complessità della situazione», ha detto il suo direttore Jean-Pascal Aribot citato in un comunicato. L'azienda afferma che continuerà «a impegnarsi in modo costruttivo con lo Stato di Ginevra per fornire ai conducenti, il prima possibile, la massima chiarezza sulla loro attività passata».