Gli impianti di risalita sono rimasti aperti, questo fine settimana, quando avrebbero dovuto chiudere causa covid-19
Secondo i responsabili, non vi era l'intenzione di agire nell'illegalità e le direttive erano poco chiare
BERNA - Venerdì il Consiglio federale ha emesso nuove direttive per frenare la diffusione del coronavirus in Svizzera. Tra queste figurano anche la chiusura delle scuole e delle piste da sci.
Chi ha "infranto le regole" - Tuttavia, in varie regioni della Svizzera, gli impianti di risalita sono rimasti attivi. Nel canton Berna diverse stazioni sono state incoraggiate all'apertura dalle dichiarazioni del presidente del governo bernese, Christoph Ammann. Per quest'ultimo, infatti, mantenere le distanze di sicurezza sulle piste è possibile, e così ha affermato che le stazioni avrebbero potuto decidere autonomamente come comportarsi.
Anche gli impianti sciistici Engelberg Titlis sono rimasti aperti. Quasi 4.000 sciatori - stando al CEO Norbert Patt - hanno usato le piste nella giornata di sabato. Il 25% in meno del solito, ha spiegato alla "Luzerner Zeitung".
Impianti richiamati all'ordine - La situazione ha spinto Alain Berset a richiamare all'ordine le società interessate. Tuttavia le stazioni sciistiche si sono difese affermando di non aver avuto intenzione di agire nell'illegalità.
Non "in cattiva fede" - Il direttore degli impianti di risalita Titlis ritiene piuttosto che il Consiglio federale non abbia offerto una comunicazione sufficientemente precisa. «Le stazioni sciistiche non possono essere considerate alla stregua di un evento, ma piuttosto come una società di trasporti. Abbiamo seguito le linee guida», afferma Norbert Patt. «Dal nostro punto di vista, la situazione era chiara. Non abbiamo violato alcuna direttiva. Nel frattempo, le linee guida sono state corrette. Adesso la situazione è più comprensibile a tutti».
Stessa storia con Matthias In-Albon, CEO degli impianti di risalita di Gstaad (BE). «Non abbiamo mai avuto intenzione di agire illegalmente. Le direttive del Consiglio federale non erano chiare».
Da parte sua, Christoph Ammann si rammarica delle incomprensioni, che ritiene sorte a causa di una non uniforme comunicazione avvenuta da parte della Autorità.