Le garanzie per il caso Credit-Suisse-UBS saranno fornite lo stesso, ma senza l'avallo del Parlamento.
BERNA - Un voto puramente simbolico, ma che sarà anche storico. Il Consiglio nazionale ha ribadito oggi definitivamente la bocciatura dei crediti d'impegno di 109 miliardi per l'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS. Ciò significa che le garanzie saranno fornite senza l'avallo del Parlamento.
Il compromesso presentato questa mattina dagli Stati non ha quindi convinto i Consiglieri nazionali. Niente hanno potuto i 72 voti favorevoli contro i 98 contrari (e 12 astenuti). Il credito è stato in particolare affossato da PS, Verdi e UDC.
Come ricordato dai relatori commissionali, il Consiglio federale ha già preso con Credit Suisse e UBS impegni vincolanti in base al diritto d'urgenza. Il "no" del Consiglio nazionale è quindi da intendersi come un voto di protesta.
«Servono banche più piccole»
Democentristi, socialisti ed ecologisti hanno spesso evocato il salvataggio di UBS nel 2008, che a loro dire sarebbe dovuto sfociare in norme "too big to fail" ben più severe di quelle poi adottate. PLR, Centro e Verdi liberali hanno da parte loro chiesto di concedere le garanzie, anche per evitare di inviare cattivi segnali ai mercati finanziari.
Insomma, è forse vero che lo scorso 19 marzo non c'erano alternative migliori, ma per UDC, PS e Verdi è la prova che si doveva agire prima. Oggi i consiglieri nazionali hanno in gran parte ripetuto quando detto ieri. «Abbiamo bisogno di banche più piccole e responsabili», ha ad esempio sostenuto Franziska Ryser (Verdi, Argovia), chiedendo anche di non dimenticare il criterio della sostenibilità.
Aumentare il capitale proprio non risolverà i problemi, farà solo crescere i costi, ha sostenuto Pirmin Schwander (Udc, Svitto) parlando del compromesso presentato oggi. Per il democentrista occorre ridurre la dimensione delle banche: «Vogliamo che in futuro non esitano più banche troppo grandi per fallire».
PLR, Centro e Verdi liberali hanno da parte loro nuovamente chiesto di concedere le garanzie. Si tratta di evitare di inviare cattivi segnali ai mercati finanziari. Per Peter Schilliger (PLR, Lucerna) le misure adottate dal Parlamento hanno il merito di dare un mandato chiaro al Consiglio federale, ma restano sufficientemente aperte per lasciare al governo un certo margine di manovra.
La sessione straordinaria si è così conclusa anticipatamente, rendendo superflue ulteriori discussioni.
Di cosa stiamo parlando
Il primo credito d'impegno riguarda una garanzia sul rischio di insolvenza di 100 miliardi che la Confederazione metterà a disposizione della BNS. Questo mutuo disporrà di un privilegio in caso di fallimento del Credit Suisse. Ciò significa che il suo rimborso avrà la precedenza sulle pretese di altri creditori (ad eccezione di salari, oneri sociali e alcuni altri impegni privilegiati).
Per la sola messa a disposizione di tale strumento statale, la Confederazione incasserà 250 milioni di franchi all'anno. In caso di utilizzo della garanzia sarà applicato un tasso d'interesse del 3%, adattabile alla situazione di mercato, da suddividere tra BNS e Confederazione.
Il secondo credito riguarda UBS: Berna fornisce una garanzia a UBS per eventuali perdite derivanti dalla vendita degli attivi del Credit Suisse pari a 9 miliardi. Questa garanzia verrebbe applicata solo se le perdite per UBS saranno superiori a 5 miliardi.
Da notare infine che alle due garanzie concesse oggi vanno aggiunti l'assistenza straordinaria di liquidità (ELA) di 50 miliardi di franchi richiesta da Credit Suisse alla BNS già il 15 marzo e il sostegno aggiuntivo di liquidità (denominato ELA+) di 100 miliardi liberati il 19 marzo. Questi aiuti non sono garantiti dalla Confederazione, e quindi non sono soggetti ad approvazione da parte del Parlamento.
In totale, la Confederazione e la BNS sono quindi esposte per complessivi 259 miliardi.