Dalla censura di Facebook alle barriere e lacune ben radicate nella società. La pedagogista indica le molte porte ancora da schiudere nei rapporti di coppia
BELLINZONA - L’algoritmo sdogana la serata “Mani di fata”, introduzione al massaggio intimo maschile per sole donne, ma le blocca quella intitolata “Mani di velluto” riservata agli uomini. Misteri di Facebook che hanno fatto arrabbiare la pedagogista sessuale Christine Rihs che nel suo salotto di “PiacereDonna” promuove workshop e serate informative. «Ma mi è passata subito. Perché prendersela con un filtro meccanico avrebbe poco senso. Tuttavia è utile ricordare che in rete ancora si applicano due pesi e due misure» spiega Christine.
Aprire le porte - Fino una decina di anni fa Christine si occupava di coaching nel campo dell’alimentazione. «Ad un certo punto - spiega - mi sono resa conto che in Ticino mancavano interlocutori con cui parlare del nostro corpo che cambia… Per chi ha un problema grave ci sono psicologi o specialisti, ma tutti gli altri trovano la strada sbarrata. Purtroppo il ginecologo spesso non ha tempo e con la migliore amica è difficile aprirsi a questi temi». Da qui prende il via la sua seconda vita di studi e formazione nel campo della pedagogia sessuale.
La barriera virtuale - Tutto parte dalla consapevolezza del bisogno di un luogo sicuro dove poter parlare e informarsi di temi legati alla sessualità. «Mi vedo come una persona che apre delle porte. Internet è diventata la principale fonte di notizie, ma l’immagine della sessualità che diffonde è performante e l’asticella è elevata. Tutto ciò mette pressione sugli individui e, per paradosso, porta a una società asessuale».
La barriera ticinese - Una sessualità meno performante, più serena e slegata dalla logica del dare per avere. Questi alcuni capisaldi della pedagogista che si confronta con un contesto locale particolare. «Sono di origine tedesca, ma in Ticino vivo da quando avevo sette anni. Il mio obiettivo è anche portare una ventata di apertura da nord a sud dove la barriera si avverte ancora». Anni fa, ricorda, «cercavo dodici persone per il mio lavoro di diploma intitolato “Let’s Talk About Sex”. Ho scoperto che era praticamente impossibile appendere l’annuncio all’albo di un supermercato… Il gerente mi fece notare che sul bigliettino c’era scritto “sex”».
Il fiore proibito - «La parola “sex” resta un tabù» continua Christine. E viene abbinata ancora troppo spesso ad un’attività prostitutiva. «Esatto. Il sesso in pubblico ha sempre questa connotazione negativa. E la scuola non aiuta, poiché si limita ad insegnare il lato funzionale della sessualità. L’importanza della comunicazione nella coppia viene ignorata. Ma non voglio criticare, perché io stessa mi definisco poco coraggiosa limitandomi a parlare a un pubblico adulto». Una società dove, peraltro, i vuoti da colmare non mancano: «Provate a disegnare una clitoride e mostrarla in piazza a Bellinzona chiedendo cos’è? Probabilmente due terzi delle persone risponderanno: un fiore».
I maschi più riservati, ma... - Nel salotto, anche per ragioni di spazio, i workshop finora non hanno messo a confronto l’universo maschile con quello femminile. Sarà la novità del 2019. «Le serate sono divise per creare tra uomini o donne gli spazi di condivisione dove poter parlare in modo naturale dell’intimità. Chi ha fatto il passo di iscriversi è già oltre la soglia dell’imbarazzo. I maschi, a differenza delle donne, all’inizio tendono a non parlare con nessuno. Ma dopo due ore assieme nasce lo stesso dialogo e c’è lo stesso bisogno di condivisione e sollievo per aver aperto una porta». Una ventata di riforma: «Ma non mi sento Martin Lutero» conclude col sorriso Christine.