Paolo Colombo, direttore della Divisione della formazione professionale: «Ci preoccupano i giovani senza formazione che scivolano nell’assistenza». Si punta sulla Città dei mestieri
LUGANO - «Ho diciannove anni e tra meno di due mesi avrò finito le indennità di disoccupazione. Siamo giovani, dateci un’opportunità, dateci la possibilità di acquisire esperienza...». È l’appello di una ragazza, che ha scritto a Tio/20Minuti, per raccontare il vicolo cieco in cui è finita dopo aver concluso l’apprendistato e non aver trovato un posto…
Per capire quanto la testimonianza di questa giovane sia rappresentativa della realtà abbiamo intervistato Paolo Colombo, direttore della Divisione della formazione professionale (DFP), e Furio Bednarz, capo dell'Ufficio della formazione continua e dell'innovazione della DFP.
Se scattassimo un’istantanea dei neoqualificati in cerca d’impiego cosa vedremmo?
«I problemi non vanno sottaciuti, ma in Ticino la situazione rimane positiva; una formazione professionale di base offre ottime possibilità di impiego. I dati più recenti a nostra disposizione ci dicono che un terzo dei giovani apprendisti trovano uno sbocco occupazionale già prima di aver concluso la loro formazione, e uno su tre verrà assunto nella ditta dove si è formato. La DFP, con i suoi ispettori tirocinio, vigila sulle aziende formatrici che sono sottoposte ad attente e regolari verifiche per assicurare che non vi siano abusi. Un numero sempre maggiore di giovani scelgono d’altro canto di proseguire gli studi (sono ormai oltre il 45%, dei quali un terzo studiano e lavorano».
Ci sono però anche giovani che non trovano sbocchi…
«Sì, ci sono e vogliamo aiutarli. Il tasso di disoccupazione giovanile sotto i 25 anni rimane molto basso, attestato sul 3,6% e il numero di giovani di età inferiore ai 25 anni registrati presso gli Uffici regionali di collocamento è oggi la metà di quello di dieci anni fa. Questo non significa che ogni problema sia risolto. Come DFP ci preoccupano le difficoltà incontrate soprattutto dai giovani senza qualifica, una parte dei quali scivola nell’assistenza già a 20 anni. Non trascuriamo i segnali che vengono in alcuni ambiti dalla crescita dei cosiddetti NEETs, giovani che non lavorano e non studiano, e spesso sono scoraggiati nella ricerca di impiego. Qui stiamo pensando a misure specifiche di sostegno».
Quali sono le particolarità del Ticino in questo ambito, rispetto al resto della Svizzera?
«Vi è oggettivamente una maggiore difficoltà dei giovani, anche qualificati, a trovare in tempi rapidi un’occupazione coerente. Se consideriamo i dati ticinesi in confronto a quelli di altri cantoni svizzeri. I cambiamenti in atto rendono il mercato del lavoro più competitivo ed esigente, e talvolta i giovani effettuano scelte in favore di settori occupazionali che non sono in grado di assorbire tutte le persone formate, anche per effetto della digitalizzazione, che modifica gli equilibri tra domanda e offerta di lavoro».
Sempre dalla testimonianza si avverte l’urgenza di nuove opportunità, che vadano oltre i corsi di “reinserimento” che questa giovane disoccupata ha dovuto seguire. Su cosa puntate?
«Come Cantone puntiamo molto sull’insediamento della Città dei mestieri, un’esperienza che ha dato ottima prova a Ginevra, che rivoluziona il modo in cui portiamo al pubblico la molteplicità di servizi attivi in materia di lavoro, formazione, carriera professionale. La sede della Città dei Mestieri sarà a Bellinzona, in prossimità della stazione e dello snodo intermodale del trasporto pubblico».
Dietro l’insegna cosa si potrà trovare?
«I giovani, indipendentemente dal loro stato – persone in formazione, che lavorano o cercano occupazione – troveranno in un unico luogo consulenza a libera fruizione in materia di orientamento, apprendistato, ricerca di impiego e sviluppo della propria formazione. Avranno a disposizione un centro di documentazione multimediale. Saranno stimolati da eventi e laboratori dedicati al mondo delle professioni. Saranno loro offerte occasioni concrete di contatto con le imprese, per farsi conoscere e candidarsi. Pensiamo ad un approccio al passo con i tempi, che va proprio in direzione delle esigenze manifestate dalla giovane testimone».
Qual è l’ostacolo maggiore che impedisce ad un’azienda di assumere l’apprendista al termine della formazione?
«Le imprese mettono a disposizione posti di apprendistato e in questo investono nella formazione dei giovani; questo è un valore in sé, solo una parte delle imprese inserisce l’apprendista con in mente il bisogno di assumerlo per sostituire un collaboratore in partenza. Questa necessità viene pianificata nelle grandi imprese, ma non è mai programmabile nelle piccole e piccolissime, che sono la maggioranza delle imprese formatrici.
Dunque il Ticino fa un po’ caso a sé?
«Conta molto la specificità del nostro tessuto produttivo, che è caratterizzato dalla presenza di piccole imprese. Non deve dunque stupire che vi siano imprese alla ricerca di apprendisti, ma non in grado di garantire loro l’assunzione. I dati dimostrano che quando l’impresa ha un posto libero in organico è la prima interessata ad assumere il suo apprendista a conclusione della formazione; ed è quanto avviene nelle imprese di maggiori dimensioni».
C'è una fascia di giovani post apprendistato che vi preoccupa di più?
«Certamente si tratta dei giovani che a distanza di tre anni dal conseguimento del titolo sono ancora in cerca di uno sbocco stabile. Sono un 20% dei diplomati, e solo un quarto di essi sono iscritti in disoccupazione. Non vogliamo lasciarli senza risposte».
Esistono sono settori dove la disoccupazione post diploma è più frequente?
«Come anticipato si tratta delle aree professionali investite da importanti cambiamenti tecnologici, e segnatamente dalla digitalizzazione, che porta ad aumentare le competenze richieste agli addetti (oggi soprattutto nei lavori tecnici, di ufficio e servizio) e determina una riduzione dell’occupazione in compiti routinari e meno esigenti».
Ci sono aziende poco corrette ossia che sfruttano gli apprendisti e poi finita la formazione tendono a rimpiazzarli con dei nuovi?
«Come detto in apertura, le aziende formatrici di apprendisti sono sottoposte ad un attento e continuato controllo per tramite degli ispettori di tirocinio. In caso di dubbi o segnalazioni di possibili abusi interveniamo senza indugio. Le nostre aziende formatrici di apprendisti fanno un lavoro eccezionale. Alcune non possono purtroppo assicurare il posto di lavoro dopo la formazione, ma mantengono la loro disponibilità di posti di apprendistato. Ci possono essere pecore nere, ma nel complesso la situazione è giudicata buona».