Il Laboratorio cantonale definisce «globalmente buona» la produzione casearia ticinese, ma...
Ancora una volta il burro artigianale presenta una qualità igienica insufficiente. Tranquillizza il fatto che non viene consumato da crudo. Troppi batteri di origine fecale anche nell'acqua captata talvolta in aree dove pascola il bestiame e le abbondanti piogge non hanno aiutato.
BELLINZONA - Burro d’alpeggio ticinese. Non è il primo prodotto che notiamo sugli scaffali dei supermercati e difatti il suo utilizzo è destinato soprattutto alla produzione dolciaria (ad esempio, i panettoni). Viene consumato sempre dopo cottura, raramente da crudo. Ed è forse un bene, alla luce dei risultati della campagna 2021 del Laboratorio cantonale sulla “Qualità microbiologica dei prodotti lattiero-caseari in aziende di estivazione (alpeggi)”. Una campagna che definisce «globalmente buona» la qualità dei prodotti del latte ticinese, ma...
Il burro è la "pecora nera" - Sui 254 campioni prelevati presso 37 alpeggi di tutto il Ticino, il 15% è risultato non conforme. Promosso a pieni voti lo yogurth, il formaggio molle e anche il latte a crudo (eccetto un campione di latte di capra in cui sono stati trovati più di 1000 UFC/ml stafilococchi coagulasi-positivi, indice della presenza di animali con mastiti). Bocciato invece la metà del burro analizzato: «Cinque campioni di burro (su un totale di 10) sono risultati non conformi per il superamento dei valori massimi di Escherichia coli o per stafilococchi coagulasi-positivi» scrive il Laboratorio cantonale. Sebbene tranquillizzi il fatto che il burro venga consumato dopo cottura, «questo - sottolinea il rapporto - non giustifica però la presenza di germi di origine fecale e di stafilococchi». Il burro è un prodotto microbiologicamente molto delicato e bisogna rispettare, si legge ancora, «una meticolosa igiene durante tutte le tappe di stoccaggio e fabbricazione». Non si tratta purtroppo di una novità: «Negli scorsi anni la percentuale di non conformità per il burro era molto alta (attorno al 50%) e sarà necessario continuare a sensibilizzare i produttori affinché tutte le norme igieniche siano rispettate» sottolinea il Laboratorio cantonale.
Cagliate e formaggi promossi - Migliora invece la conformità delle cagliate. Anche se il rapporto evidenzia come «la problematica della qualità del latte sugli alpeggi rimane un punto critico, poiché gli animali provengono da varie aziende, con diverso stato sanitario e una separazione tra animali sani e malati sull’alpe non è sempre possibile. Tuttavia negli ultimi anni si è notato un miglioramento: la percentuale di non conformità nelle cagliate a latte crudo è infatti scesa sotto il 30%». Quanto ai formaggi, 4 prodotti freschi e 7 semiduri (su un totale di 34 formaggi prelevati) sono risultati non conformi per la presenza di stafilococchi coagulasi-positivi e/o di E coli, batterio di origine fecale che segnala una mancanza d’igiene. Nelle croste di formaggio di un alpeggio è stata rilevata la presenza di Listeria monocytogenes. L’azienda ha provveduto a pulire e sanificare gli assi della cantina e le attrezzature e ha introdotto nuove direttive e procedure più mirate per evitare il ripetersi del problema.
Dove la qualità fa acqua - Per il 41% dei campioni prelevati è risultata invece insufficiente la qualità dell’acqua usata nei locali di produzione. La non conformità è da ricondurre alla presenza di batteri di origine fecale. Il rapporto evidenzia come molto spesso i caseifici d’alpe hanno una propria sorgente e rete idrica e in questi casi è fondamentale adottare delle misure che garantiscano la costante potabilità. Una riguarda gli animali, il cui pascolo andrebbe evitato nella zona di captazione. Il cattivo risultato è poi da ricondurre alle avverse condizioni meteorologiche, l’estate 2021 è stata tra le più piovose di sempre.
I margini di sicurezza - In conclusione, sottolinea il rapporto, «si può senz’altro affermare che la qualità igienico-microbiologica nella produzione lattiero-casearia sugli alpeggi ticinesi è globalmente buona e i consumatori possono gustare i prelibati prodotti senza timori». Nel commentare l'esito della campagna Michelangelo Storari, vicedirettore del Laboratorio cantonale, sottolinea, a proposito dell'acqua analizzata, come «nella maggior parte dei casi i valori difformi sono molto bassi. Non tali da necessitare una non potabilità. In ogni caso l'acqua non è un ingrediente usato per la produzione casearia. C'è quindi un margine di sicurezza».