Il glorioso club calcistico della città di confine sembra avere le ore contate. Si spera in un colpo di scena positivo.
CHIASSO - La speranza è l'ultima a morire. E c'è chi si aggrappa alla speranza in vista della giornata di domani, mercoledì 16 novembre. È la data in cui il glorioso Football Club Chiasso potrebbe sostanzialmente fallire. D'altra parte giocatori e dipendenti non ricevono lo stipendio da tempo, i debiti non sono stati saldati, di soldi in cassa non ce ne sono più e anche il direttore generale Nicola Bignotti ha gettato la spugna. Mercoledì mattina appunto ci sarà l'assemblea straordinaria del club rossoblù. E se nessuno dovesse presentarsi con un progetto o con un piano, il club attualmente militante in Promotion League sarebbe costretto a chiudere i battenti.
Si spera in un miracolo – Per le vie cittadine, come testimonia il video realizzato da Tio/20Minuti, c'è scoramento. «La tristezza è tanta – evidenzia Davide Lurati, ex presidente del club e oggi municipale –. Anche se voglio sperare in un miracolo. Se così non fosse, si ripartirà dal basso come accaduto anche ad altre società. Ora è ovvio che serve chiarezza sulla situazione finanziaria. Urgono garanzie. Bisogna avere la conferma che la stagione possa essere portata a termine e che i pagamenti possano essere versati. Il Municipio stesso ha atteso oltre un anno per l'affitto delle infrastrutture. Ma poi si è visto costretto a inviare il precetto esecutivo. Sono il primo a essere amareggiato per quanto sta accadendo».
La signora che vendeva i biglietti – In caso di fallimento il Chiasso potrebbe ripartire dalla quinta lega, come accaduto di recente col Locarno. Si vocifera di possibili fusioni con club di categorie superiori per non dovere ricostruire tutto dal gradino più basso del calcio elvetico. Per il momento di conferme non ce ne sono. Carmela, una signora di 76 anni, non si nasconde: «A me dispiace tantissimo. Sono nata e cresciuta a Chiasso. Una volta era davvero bello, ho anche venduto i biglietti per il Chiasso. Fossi stata ricca, avrei potuto magari salvarlo».
«Il cuore distrutto» – Patricia, 35 anni, è molto triste. «Il mio cuore è distrutto – ammette –. Secondo me non c'è speranza. Dovremmo trovare qualcuno che riesca a investire seriamente. Il calcio non è solo un gioco. È famiglia, educazione, posti di lavoro, impegno». Massimo, 42 anni, ha avuto a lungo il suo posto in curva: «Tra la fine degli anni '90 e i primi anni 2000 andavo sempre a tifare Chiasso. Ero giovane e idiota. Mi divertivo un sacco».
Il pubblico in fuga – È innegabile come l'attaccamento del pubblico sia andato scemando col passare degli anni. Fino al crollo verticale dell'ultimo decennio. Che fine ha fatto il vecchio cuore rossoblu? Il fatto che il club abbia perso un'identità locale, diventando una specie di porto di mare con dirigenti e (tanti) giocatori stranieri ha avuto un peso? Cristiana, 77 anni, dice: «Ho vissuto il calcio sin da bambina. Ho bei ricordi del passato. Poi col tempo tutto è cambiato. Noi siamo diventati più grandi. I nostri idoli non c'erano più. E questi giovani di oggi nemmeno li conosciamo».
La sabbia nella clessidra – Lurati esclude che le vicissitudini societarie abbiano allontanato la gente dal Riva IV. «Quando ero bambino e il Chiasso era in serie A c'erano tra i 7.000 e gli 8.000 spettatori allo stadio, quando sono stato presidente una decina di anni fa invece erano già calati tra i 1.000 e i 2.000. L'emorragia di pubblico non può essere ricondotta alla situazione finanziaria del club. La disaffezione c'è anche nei confronti di altri club ticinesi, è un momento così in generale». Poco importa. Su questo aspetto eventualmente ci sarà tempo per le dovute riflessioni. Ora tutta l'attenzione è proiettata su una sopravvivenza che sembra sempre più un miraggio. La sabbia nella clessidra sta per finire.