Le motivazioni del Ministero pubblico della Confederazione sul decreto di non luogo a procedere per otto guardie di confine
LUGANO - Una perquisizione e un fermo considerati sopra le righe tanto da portare anche a una denuncia per sequestro: ma il Ministero pubblico della Confederazione ha ritenuto inconsistenti le richieste di un procedimento sanzionatorio nei riguardi delle otto guardie di confine protagoniste della vicenda in cui erano coinvolti due cittadini albanesi, sentenziando con un decreto il "non luogo a procedere" anche in ragione del fatto che «quell'auto era sospetta e l'iter e le modalità operative non si configurano in misure ingiustificate e abusive».
Come riporta il quotidiano "laRegione" «gli agenti coinvolti hanno espletato la propria mansione professionale conformandosi alle disposizioni legali e regolamentari che disciplinano questo tipo di controlli, in maniera adeguata e proporzionale alle circostanze».
Questo perché quel veicolo era stato segnalato e sospettato - riporta citando il decreto il quotidiano bellinzonese - «di essere impiegato da organizzazioni mafiose albanesi per l’importazione di stupefacenti e/o per il trasporto di valori patrimoniali di origine criminale».
Su questo punto, l'avvocato di uno dei due fermati, l'avvocato Ezio Tranini, al quotidiano ha dichiarato di «avere chiesto al Ministero pubblico della Confederazione di precisare la natura di queste segnalazioni: il veicolo era sospettato perché in passato era già stato controllato con droga dentro? O perché è un modello utilizzato dalla mafia? O perché immatricolato in Albania?».
E ha parlato espressamente per il suo cliente di «violazione del diritto a essere sentito» e di «lavoro arbitrario che sembra fatto solo per scagionare gli agenti».
Per questo adesso ha deciso di presentare un reclamo alla Corte dei reclami penali (Crp).