Emerge il ruolo di hub per il riciclaggio, ma anche per il rifornimento di armi e droga
BELLINZONA - La Svizzera e il Ticino non sono del tutto escluse dalla maxi-operazione contro la 'ndrangheta che ha avuto luogo mercoledì, che ha riguardato una decina di Paesi e ha portato a oltre 130 arresti. Nessuno di essi è stata compiuto in Svizzera, come confermato alla Rsi dal Ministero Pubblico della Confederazione.
Tuttavia la Svizzera gioca un ruolo non solo a livello di riciclaggio di denaro, ma anche come luogo per i clan dove rifornirsi di droga e armi. Come le 10 pistole semiautomatiche Glock che due indagati avrebbero voluto acquistare da un non meglio identificato trafficante di armi con sede nella Confederazione e con il quale erano già stati conclusi degli affari. Nelle carte dell'inchiesta si legge, aggiunge la Rsi, che un indagato 48enne «disponeva di un collaudato canale di approvvigionamento di armi in Svizzera».
Si legge poi di una fallita compravendita di "Kritikal", stupefacente riconducibile all'hashish, che un 26enne residente in Calabria avrebbe avuto «a disposizione» nella quantità di 300 chili. Ma i magistrati hanno ricostruito affari almeno all'apparenza legali: in essi era coinvolto un 59enne calabrese che si presentava come «imprenditore farmaceutico» e che nell'aprile 2021 si trovava «a Zurigo per onorare dei contratti in Svizzera, certi con alcuni ospedali». Tre mesi più tardi l'uomo fu rintracciato alla guida di un'auto con targhe ticinesi e intestata a una società con sede a Bedano. La targa risultò poi clonata.