L'iniziativa sulla biodiversità non passa la prova delle urne. L'interpretazione del netto no del popolo svizzero.
BERNA - Sonora batosta alle urne per l'iniziativa sulla biodiversità. Il popolo svizzero è stato chiaro: il 63,03% ha votato contro il progetto promosso dai Verdi, dal PS e dai Verdi liberali. Un risultato esplicito che non lascia spazio a interpretazioni: si fa già abbastanza per la protezione dell'ambiente e la modifica costituzionale sarebbe stata troppo radicale. «Siamo chiaramente molto soddisfatti, ma non solo nel mondo contadino», ci ha spiegato Omar Pedrini, presidente dell’Unione Contadini Ticinesi (UCT). «Purtroppo siamo stati messi agricoltori contro ambientalisti, ma l'iniziativa andava ben oltre coinvolgendo tutte le zone rurali e la pianificazione territoriale».
Un risultato netto - Il voto però rappresenta anche «un segno di comprensione del nostro mondo». La speranza? «Che si rallenti con queste iniziative. Bisognerebbe intraprendere piuttosto la via del dialogo e provare tra le parti a trovare dei progetti che abbiano senso in futuro e non sempre portare la gente a votare per poi creare un muro tra le varie parti».
Detto questo, dunque, come leggere un risultato così netto? Cosa ha fatto la differenza? «Credo che la gente sia stufa di farsi imporre queste condotte, anche se realmente nel testo dell'iniziativa non si imponeva ancora nulla. Forse proprio questo ha lasciato anche un po' di timore nell'elettorato, cioè andare a votare tra virgolette un assegno in bianco dove col tempo si sarebbe visto cosa sarebbe poi successo. Probabilmente questo non ha aiutato gli iniziativisti per fortuna nostra».
Contro la biodiversità? - Essere contro l’iniziativa, come ribadito più volte durante la campagna, non significava essere contro la biodiversità. «E lo ribadisco. Noi, assieme al settore forestale, siamo gli unici sul territorio che facciamo qualcosa per la biodiversità».
Il testo dell'iniziativa, giudicata troppo radicale e pericolosa dal comitato del No, chiedeva una maggiore quantità di superfici e di finanziamenti a favore della natura e intendeva ancorare nella Costituzione federale una migliore tutela sia del paesaggio che del patrimonio architettonico. «Volenti o nolenti quando bisogna fare delle promozioni a livello naturale naturalistico, il primo luogo dove si interviene è la terra agricola». Secondo Pedrini vige ancora la convinzione che sono i terreni che valgono meno. «Invece è esattamente il contrario. Probabilmente un appezzamento industriale o edificabile a livello monetario ha più valore, ma i soldi non li mangiamo ancora. Purtroppo questo concetto non è ancora ben chiaro. Anche se gli iniziativisti dicono non avremmo toccato la terra agricola per mettere in atto determinati progetti, la realtà dei fatti sarebbe stata diversa».
La delusione degli iniziativisti - E se da una parte c'è chi esulta, nel campo opposto non può che prevalere l'amarezza. «Il Consiglio Federale e gli oppositori hanno convinto la maggioranza dell'elettorato che la biodiversità, e con lei le nostre risorse vitali, possono essere protette con le leggi in vigore. Rimane però la preoccupazione: che la biodiversità in Svizzera va molto male è un dato di fatto», esordisce Serena Britos Wiederkehr, direttrice di Pro Natura Ticino.
E proprio su un punto infatti, pro e contrari sembravano aver trovato un terreno comune: un terzo delle specie animali e vegetali è minacciato oppure già estinto. Quello che stiamo facendo non basta per proteggere la natura. «Anche i recenti studi dell'Ufficio federale dell'ambiente dicono che le misure odierne non sono sufficienti a garantire le basi della nostra vita». Allora perché l'iniziativa non ha convinto la popolazione? «È difficile rispondere ora. È vero che prima delle votazioni il problema della biodiversità era poco sentito. La crisi della biodiversità era ancora qualcosa di relativamente nuovo. Ora secondo le statistiche il 70% della popolazione è preoccupato dell'andamento della nostra natura».
Un messaggio non recepito - Una soddisfazione che non toglie però il rammarico per una bocciatura così netta. «Sono state messe le basi per portare il problema in discussione e mettere in atto delle risposte pragmatiche efficaci». Un messaggio che forse non è stato recepito. «Fin dall'inizio abbiamo spiegato che la nostra non era un'iniziativa agricola che non intendeva togliere spazi agricoli. Eppure gli agricoltori si sono opposti fortemente». L'intenzione? «Promuovere biodiversità anche e soprattutto nei centri urbani».
Fatto sta che un obbligo statale è stato giudicato troppo radicale dalla popolazione. «Ci sono già delle leggi in vigore, ma evidentemente non sono sufficienti perché la tendenza negativa continua», sottolinea Britos. «L'intenzione era agire ora prima che sia troppo tardi, questo è il momento di fare qualcosa di più. I dati sono lì: quando si parla del 70% degli insetti che già non ci sono più, era il momento, secondo la scienza, di dire dobbiamo veramente fare qualcosa adesso per il futuro delle generazioni che verranno dopo di noi».