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Migranti a Fornasette, «un problema che non avremmo voluto»

Oggi l'incontro a Varese per fare il punto della situazione. Norman Gobbi: «Al lavoro insieme per garantire la sicurezza dei cittadini»
collage Ti Press
Migranti a Fornasette, «un problema che non avremmo voluto»
Oggi l'incontro a Varese per fare il punto della situazione. Norman Gobbi: «Al lavoro insieme per garantire la sicurezza dei cittadini»

VARESE / TRESA - Le preoccupazioni relative al Centro di assistenza straordinaria (Cas) che sarà insediato nell'ex caserma dei carabinieri di Luino, a poche centinaia di metri dal confine con Tresa, questa mattina sono finite sul tavolo della Prefettura di Varese. Un incontro che è durato complessivamente un'ora e mezza e che ha riunito diverse le autorità riunite, provenienti sia dal fronte italiano sia svizzero. Oltre al prefetto di Varese, Salvatore Pasquariello, erano infatti presenti i rappresentanti delle istituzioni italiane, così come il direttore del Dipartimento delle istituzioni (DI) Norman Gobbi, i rappresentanti della Polizia cantonale e della Guardia di confine e il sindaco di Tresa, Piero Marchesi.

Interpellato a margine dell'incontro transfrontaliero, il consigliere di Stato, Norman Gobbi ha riferito che lo scopo dell'incontro era volto «al dialogo costruttivo al fine individuare delle soluzioni e chiarire alcuni aspetti». Innanzitutto, spiega, «il futuro Cas non è ancora pronto e non è chiaro quando potrà essere aperto, questo per via di alcuni lavori di messa a norma dello stabile. Inoltre il numero degli arrivi in Italia è al momento relativamente basso e dunque l'apertura di nuove strutture al momento non è necessario. Ci è stato poi confermato che saranno accolti al massimo sedici ospiti».

Impegno congiunto per garantire la sicurezza - Gobbi assicura che «da parte del prefetto, ma anche degli attori presenti al tavolo, tra cui il questore e il comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri, vi è l’impegno a voler garantire la sicurezza e a voler evitare che queste persone oltrepassino il confine».

D'altro canto «abbiamo sollevato tutte le perplessità e le preoccupazioni della popolazione. Al di là della migrazione, c'è anche il tema dello spaccio nei boschi che è diventato prioritario e su cui dobbiamo lavorare assieme nell'ottica della lotta a questo fenomeno, poiché diversi dei clienti di questo spaccio illegale arrivano anche dal nostro territorio».

Una situazione ancora non definita - Gobbi chiarisce che la scelta di collocare un Cas nell’ex caserma dei carabinieri di Fornasette è stata fatta in quanto «bene demaniale. È stato chiesto da parte del Ministero dell’Interno di utilizzare le infrastrutture di proprietà dello Stato. Il prefetto ha segnalato a Roma la particolarità della vicinanza al confine e per questo vi è l’impegno a collocare dei migranti non particolarmente problematici».

E sul fronte sicurezza: «Dipenderà tanto da come evolverà la situazione. Se come ci è stato detto arriveranno delle famiglie, sarà meno problematico. Al contrario, se saranno dei giovani adulti, soli, la questione potrebbe essere ben diversa. Preoccupazione condivisa e sollevata pure dal Comune di Luino. Un aspetto ben recepito dal prefetto e da chi siedeva al tavolo in rappresentanza dello Stato italiano».

«Immigrazione illegale, un rischio vero» - Le stesse perplessità sono state sollevate anche da Piero Marchesi, sindaco di Tresa. Dal suo punto di vista, l'immediata «vicinanza al confine svizzero e soprattutto al centro abitato di Fornasette» possono essere fattori che facilitano «l'entrata illegale in Svizzera delle persone ospitate nel futuro Cas. Qualora si presentasse il caso, con la sospensione unilaterale dell’Accordo di Dublino da parte dello Stato italiano, in atto dal dicembre 2022, l’applicazione del rimpatrio potrebbe essere difficoltosa e compromessa».

«Un problema che avremmo evitato» - Dell'incontro di oggi si dice a ogni modo soddisfatto. «Chiaro, è un problema che avremmo volentieri evitato. Ma se non ci sono alternative, faremo in modo di poterlo gestire anche da parte della Svizzera. Sarà quindi necessario valutare con le forze di polizia una maggiore presenza. Il problema è che oggi i confini non sono più presidiati». A riguardo sostiene che il Municipio «farà richiesta di potenziamento. Se dovesse essere confermata, dovrà essere una contromisura da prendere». E promette di portare la questione a Berna, durante l’imminente sessione primaverile. In quella sede «presenterò delle domande per capire ciò che il Consiglio federale intende fare».

La questione non finisce qui. «Con l'incontro di oggi è stato creato un tavolo di lavoro e molto probabilmente si riunirà il prossimo mese. Vi prenderà parte anche il Municipio di Tresa. Un tavolo attorno al quale ci è stata data la possibilità di sederci, grazie al consigliere di Stato, Norman Gobbi».

Soddisfatto il PLR di Tresa
Sul problema si è esposta anche la Sezione PLR Tresa che ha espresso soddisfazione sulle risposta delle autorità svizzere ed italiane emerse dall’incontro avvenuto oggi in prefettura a Varese. Il PLR Tresa si era già fatto portavoce delle apprensioni della popolazione per una struttura proprio a ridosso del confine: « La posizione isolata della ex caserma, l’assenza di un presidio doganale fisso, la saltuaria presenza delle forze dell’ordine, il forte rischio di un aumento di reati connessi alla presenza di migranti, e la vulnerabilità già riscontrata in passato nelle zone di confine rendono infatti a nostro parere questa scelta particolarmente inopportuna».

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