La sospensione delle attività renderà molto complicato rispettare il crono-programma
PARIGI - Un anno fa, il pomeriggio del 15 aprile 2019, il tetto della cattedrale di Notre-Dame a Parigi prese fuoco.
Fu un evento drammatico, le cui immagini fecero il giro del mondo e provocarono grande commozione. Tre i feriti: un pompiere intervenuto per spegnere le fiamme e due poliziotti. L'incendio fu domato solo la mattina del giorno successivo e si poté fare un primo bilancio dei danni.
Come sempre accade, ci sono state polemiche (celebre quella legata alle parole del presidente Usa Donald Trump, che suggeriva di domare il rogo usando i Canadair), inchieste e rimpalli di responsabilità. C'è stata anche una gara di solidarietà internazionale, con raccolte di fondi, annunci e promesse di donazioni multi-milionarie per la ricostruzione. Si è dibattuto anche su come ripristinare il tetto del luogo di culto, se fedele a quello esistente al momento della tragedia o completamente diverso, simbolico e al contempo più sicuro.
I lavori sono partiti il prima possibile e sono durati mesi. Finché è arrivato il coronavirus a bloccare tutto. Lo racconta al quotidiano Il Messaggero l'architetto fiorentino Carlo Blasi, che con il suo studio si stava occupando della rimozione del ponteggio sul tetto, ovvero della struttura da cui è partito il fuoco. «Una procedura complessa, con gli operai sospesi ad una gru a tagliare blocchi di ferro da portare via. Avevamo appena cominciato quando il 16 marzo l’emergenza del coronavirus e il contingentamento ci hanno fermato».
La pandemia ha sospeso un crono-programma serrato: il vecchio ponteggio avrebbe dovuto essere smontato entro il primo giugno, dopodiché avrebbe preso il via il restauro, poi la ricostruzione. Ora i tempi si sono inevitabilmente allungati e c'è incertezza su quando la cattedrale, amatissima dai parigini e dalla Francia, riaprirà i battenti. I cinque anni del progetto iniziale, oggi come oggi, sono un obiettivo complicato.
E che volto avrà la nuova Notre-Dame? Blasi aggiunge: «È un edificio storico dove la sperimentazione costruttiva ha funzionato per secoli. Ripercorrere questa strada può dare garanzie. Per esempio, molte pietre sagomate degli arconi sono state recuperate dalle macerie e saranno riutilizzate per ricostruire le lacune delle volte distrutte». Quindi si va verso una ricostruzione sulle orme della tradizione: «Ripartire cioè dal modello delle sue strutture murarie e in legno, magari migliorandole»