La Corte dei Conti ha aperto un fascicolo circa la sparizione dai social di "VenereItalia23" per cui erano stati investiti 9 milioni di euro
ROMA - Sparita da Facebook, Twitter e TikTok. Ferma al 27 giugno su Instagram. Cancellato e poi ricaricato il suo video di presentazione da Youtube. Che cosa è successo alla campagna "Open to Meraviglia", promossa dal ministero del Turismo italiano e per cui sono stati investiti nove milioni di euro? A far luce sulla questione c'è la Corte dei Conti del Lazio, che avrebbe aperto un fascicolo: l'ipotesi è che il ministero guidato da Daniela Santanchè sia colpevole di danno erariale, ossia lo spreco di denaro pubblico.
Ma riavvolgiamo il filo. Lo scorso aprile il ministero del Turismo italiano aveva avviato una campagna promozionale online, volta a consigliare e a indicare ai turisti i luoghi più gettonati e suggestivi della Penisola. Per farlo, aveva creato una virtual influencer con le fattezze della Venere di Botticelli - al tempo la scelta era stata molto criticata. Lanciata sui vari social da un primo video su Youtube, è rimasta attiva su tutte le piattaforme con uno o più post settimanali fino alla fine di giugno.
Poi "Venere Italia 23" è scomparsa. Come in un primo momento è sparito anche il primo video promozionale costato 138mila euro, poi ricaricato l'11 maggio. La campagna prevedeva anche l'affissione di cartelloni pubblicitari in varie parti del mondo. Stando ai quotidiani italiani, la Venere è stata effettivamente avvistata in alcuni scali aeroportuali. Ora è possibile consultare unicamente il profilo instagram dell'influencer, con un ultimo post che parla delle meraviglie della Sicilia e dell'urgenza del bere una granita. Quindi?
A dare il via alle indagini sarebbero state delle dichiarazioni rilasciate alla stampa, a dire di Repubblica. Quando, interrogato il ministero del Turismo circa la scomparsa della Dea, un portavoce ha affermato che non ci fossero problemi con l'agenzia di comunicazione, ma che l'interruzione della campagna fosse frutto di una «scelta ponderata» e che c'era l'intenzione di spostare la campagna sul portale italia.it. Aggiungendo che l'influencer digitale sarebbe «presto tornata protagonista».
Già negli scorsi mesi, contro la campagna erano state mosse diverse accuse. Il 22 maggio, per esempio, il Codacons aveva comunicato di aver «presentato un esposto alla magistratura contabile chiedendo di accertare l’operato del dicastero del turismo e possibili danni erariali per la collettività». La richiesta faceva seguito alla scomparsa dello spot costato 138mila euro.
«Non è chiaro quali costi avrebbe dovuto coprire tale ingente somma dal momento che, in base a quanto emerso nei giorni scorsi, le scene contenute nello spot in questione e girate in Slovenia sarebbero state catturate da internet a costi ridottissimi. Immagini quindi non registrate in Italia, scaricabili gratuitamente, o comunque a costi limitati, da diverse piattaforme online. Tale campagna pubblicitaria, quindi, sembrerebbe aver comportato un dispendio incredibile e spropositato di risorse statali che poteva essere contenuto».