Il presidente-eletto ha promesso di instaurare una tassa del 25% sui prodotti provenienti da Messico e Canada.
Ma la mossa potrebbe essere un affondo alla Cina
WASHINGTON - Il presidente eletto Donald Trump ha promesso di imporre una tassa del 25% sui prodotti provenienti dal Canada e dal Messico durante il suo primo giorno alla Casa Bianca, a meno che questi non implementino misure per ridurre l’afflusso di migranti clandestini e di sostanze stupefacenti verso gli Stati Uniti. Una mossa che non mancherà di destabilizzare le relazioni diplomatiche e commerciali tra i Paesi in questione.
È importante ricordare che nel 2020 il presidente Trump aveva firmato e ratificato il nuovo accordo nordamericano di libero scambio (Nafta), anche chiamato l'accordo Stati Uniti-Messico-Canada, che regola il funzionamento di uno dei blocchi commerciali più grandi al mondo. Il recente annuncio del tycoon potrebbe dunque generare una lunga e logorante battaglia legale tra i Paesi partner, a meno che non vengano annunciate nuove trattative.
E secondo gli analisti sta proprio qui la questione. Il presidente-eletto non starebbe facendo pressione sui suoi partner per mantenere le promesse fatte durante la campagna presidenziale (lottare contro l'immigrazione clandestina e il traffico illegale di stupefacenti), bensì per rivedere i termini dell'accordo di libero scambio. Al momento non sono previste nuove trattative, ma è possibile che verranno indette prossimamente. E questo perché le conseguenze della manovra ultra-protezionista del tycoon sarebbero devastanti non solo per il Canada e il Messico, ma anche per gli Stati Uniti.
Sempre stando agli analisti, il presidente-eletto intende riqualificare l'accordo in chiave anti-cinese, obbligando entrambi i Paesi partner a implementare misure che impediscano a Pechino di estendere il proprio dominio sul mercato americano. Questa tesi permetterebbe di comprendere anche le ragioni che hanno portato il tycoon ad annunciare l'intenzione di imporre una decina di barriere al commercio nei confronti della Cina, nello stesso momento in cui sono state annunciate le misure nei confronti di Messico e Canada.
Ormai è noto. La Cina rappresenta il nemico pubblico numero uno per Trump. La famigerata "guerra dei dazi" imposta durante la sua precedente amministrazione non ha mai smesso di aleggiare nell'aria e con le sue ultime dichiarazioni è probabile che ritrovi nuovo slancio. Ma il tempo stringe ed è possibile che non sia sufficiente per riformare l'accordo preso con i Paesi confinanti: uno scenario che obbligherebbe Trump a mantenere la promessa fatta e gettare l'economia del continente nel caos.