L'uomo farebbe parte di un gruppo il cui leader sarebbe Baris Boyun, ritenuto un boss della mafia turca
MILANO - La polizia di Stato di Milano, delegata dalla procura di Milano - Sezione Distrettuale Antiterrorismo - ha eseguito un'ordinanza di misura cautelare nei confronti di un turco di 38 anni, dimorante in Italia, indagato per associazione per delinquere aggravata anche dalla transnazionalità, finalizzata alla commissione detenzione e porto abusivo di armi, traffico internazionale di armi, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, omicidi, stragi e altro.
L'uomo è ritenuto legato a un gruppo che ha commesso reati terroristici in Europa, in particolare a Berlino, con l'omicidio di un turco il 10 marzo scorso, e pianificato, in Turchia, un attentato, sventato, a una fabbrica di alluminio, tra il 19 e 20 marzo scorso.
Il provvedimento cautelare nei confronti dell'indagato scaturisce dalle indagini su un'associazione transnazionale composta prevalentemente da turchi accusati anche di banda armata con finalità di terrorismo, che faceva capo a un turco arrestato lo scorso 22 maggio insieme ad altre 20 persone nel corso di una vasta operazione di polizia, ha visto coinvolte anche la Svizzera, la Bosnia e l'Olanda.
Le indagini coordinate dalla procura di Milano avevano documentato come il capo dell'organizzazione - Baris Boyun, ritenuto boss della mafia turca e uno degli uomini più ricercati da Ankara - dai domiciliari dove si trovava per detenzione e porto di arma comune da sparo, continuava a dirigere e coordinare dall'Italia il gruppo criminale gestendo un traffico di sostanza stupefacente e di armi e il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina attraverso la rotta balcanica.
Boyun, poi arrestato nel maggio del 2024, pur posto al regime del 41 bis, tramite il 38enne arrestato e a cui era legato da un rapporto di parentela, continuava a impartire ordini agli affiliati all'organizzazione con pizzini consegnati durante i colloqui in carcere. Il boss sarebbe stato, tra le altre cose, la "mente" dell'attentato sventato del marzo scorso dell'anno scorso a una fabbrica di alluminio alle porte di Istanbul, organizzato per colpire un gruppo criminale rivale, la famiglia dei Sarallar "attualmente al potere" - era scritto nelle carte dell'inchiesta che l'aveva portato all'arresto - e nel contempo "interferire con lo status quo esistente in Turchia" mostrando quindi di avere un "programma politico" che coinvolge lo Stato e la "destabilizzazione" delle istituzioni passando anche attraverso l'imposizione del "terrore nella popolazione".