di Kaj Klaue, Verdi Svizzeri
Tutti conoscono la “CIA”, la centrale d'informazioni politico-militari degli USA creata dal presidente repubblicano Harry Truman nel 1947. Fu in quell’epoca che ebbe inizio il cosiddetto maccartismo, una “caccia alle streghe” lanciata dal senatore Joseph McCarthy, contro tutti coloro che sospettava di essere filo-comunisti o in odore di sinistra. Di fatto la CIA è una semplice agenzia di spionaggio che, anche se porta il nome “intelligence agency”, non ha nulla di “intelligente”.
Meno di un decennio dopo, nel 1956, sempre nei USA, nasce il termine “artificial intelligence”, un bell’esempio di abuso linguistico che suscita visioni fantascientifiche a proposito dello sviluppo nei campi della matematica e della cibernetica. E fu proprio un altro McCarty, tale John, professore di matematica al Dartmouth College nel New Hampshire ad utilizzare per primo questo termine per chiedere fondi al fine di sviluppare macchine per raccogliere, gestire e collegare informazioni e simulare un apprendimento. McCarthy voleva smarcarsi dagli odiati specialisti di cibernetica, evitando termini come “automazione” e “cibernetica”. Altri suoi colleghi, meno polemici, invece di parlare di “intelligenza” favorivano “trattamento complesso di informazioni”.
I sistemi chiamati oggi “intelligenza artificiale” dovrebbero di fatto chiamarsi “sistemi cognitivi autonomi”, definizione che potrebbe far storcere il naso a qualche politico. Avere a che fare con sistemi che raccolgono informazioni senza controllo (autonomi) ha infatti di che spaventarne più d’uno.
Per fortuna ci sono alcuni politici “intelligenti” che si occupano di questo sviluppo di maniera più critica, ma sembra che le loro riflessioni arrivino un po' tardi. Recentemente l’ex-cancelliere della Confederazione, Walter Thurnherr ha condiviso delle sue preoccupazioni sull’effetto dell’intelligenza artificiale sulla democrazia. Thurnherr rieleva l’ingenuità di certe persone che non vedono il pericolo che può sorgere da questi sistemi autonomi.
“Thurnherr:
L’intelligenza artificiale non è il nostro destino! È uno strumento e dobbiamo darci da fare per addomesticarla. Ne è un esempio eloquente l’energia nucleare. Cento anni fa la gente ne era infatuata: fu sviluppato e venduto un dentifricio radioattivo, il Doramad, “per un sorriso radioso”, si vendeva biancheria intima radioattiva “per un calore accogliente e delicato nell'addome”.
Dobbiamo dunque istituire autorità di regolamentazione che abbiano gli strumenti legali per controllare, imporre condizioni e monitorare l'IA. Se la democrazia e l’intelligenza umana non saranno in grado di controllare l'IA, sarà l'IA a controllare la democrazia.