Mick, figlio di Michael, sa di dover sgobbare per guadagnare un volante nel circus.
«Non si arriva per il cognome»
MARANELLO - Se ti chiami Mick Schumacher e di professione fai il pilota, non hai di sicuro una vita facile. Certo, hai avuto più possibilità di tanti tuoi coetanei, ma una volta arrivato tra i grandi il tempo degli sconti e delle scorciatoie si è improvvisamente esaurito.
Impaziente di mettersi in luce in F2 per poter guadagnare un posto tra i big della F1, il figlio d'arte sa di dover sgobbare e lavorare più dei rivali per poter “arrivare”.
«Non ci sono giovani piloti che arrivano in Formula 1 esclusivamente per il cognome – ha raccontato il 20enne – quello non è una garanzia di successo. Io, per esempio, per salire di livello dovrò continuare a migliorare, cercando di raggiungere le prime posizioni e di lottare per la vittoria. Non so se sono perfettamente pronto, e non è una cosa sulla quale voglio ragionare ora. In generale sono felice di come è andata la scorsa stagione. Ho imparato molto sulla gestione delle gomme, che è cruciale in F2, e spero di poter sfruttare questa esperienza fin da subito».