Berna dovrebbe negoziare, o inviare armi? I pareri di cinque intellettuali. Christine Brand: «La neutralità la si viola rimanendo inattivi»
BASILEA - Non è ancora chiaro come finirà la guerra tra Russia e Ucraina. A quasi un anno dal conflitto, rimane infatti ingarbugliato e resta oggetto di dibattiti il ruolo che la Svizzera dovrebbe assumere in relazione al conflitto.
Si dovrebbe tentare di negoziare con Putin? O inviare munizioni a Kiev? Cinque intellettuali svizzeri (uno storico, un critico, un'autrice, una filosofa e un politologo e pacifista) hanno espresso la loro opinione sull'edizione odierna della Basler Zeitung.
Tutti e cinque sono concordi sul fatto che è al momento difficile prevedere quando e come finirà la guerra, mentre le opinioni sul ruolo della Svizzera sono divise, seppur una maggiore propensione sia rivolta verso maggiori aiuti - anche militari - a Kiev.
«La Svizzera deve smetterla di nascondersi vigliaccamente»
Per l'autrice Christine Brand, sarebbe bello «che le uccisioni potessero essere fermate attraverso i negoziati. Ma è solo l'Ucraina a decidere se e come negoziare con la Russia».
Brand è poi categorica: «È ora che la Svizzera smetta di nascondersi vigliaccamente dietro la sua neutralità, che è sempre stata piena di buchi. Quella russa è una palese violazione del diritto internazionale. Chi rimane inattivo e invoca la neutralità la sta violando, perché la parte inattiva si schiera con l'aggressore. Immaginate di assistere a un criminale che aggredisce brutalmente una donna: invece di offrire aiuto, invocate la vostra neutralità. Forse lo fate per paura, perché non volete essere aggrediti a vostra volta. Ma da dove deriva la certezza di non essere il prossimo?».
Di tutt'altro parere è il politologo e pacifista Andreas Gross, secondo cui «il contributo della Svizzera alla sopravvivenza dell'Ucraina non può essere di tipo militare», ma deve essere di aiuto concreto alla sopravvivenza (ad esempio tende, generatori, stufe, cibo) e di ripristino delle infrastrutture. Questo sia durante che dopo il termine del conflitto. Inoltre, la Svizzera dovrebbe - sempre per Gross - utilizzare la sua appartenenza al Consiglio di Sicurezza dell'ONU per convincere le Nazioni Unite, la Russia e l'Ucraina a organizzare un processo referendario di autodeterminazione in Crimea, che le consentirebbe di determinare il proprio status.
«Se attaccassero la Svizzera...»
«La Svizzera dovrebbe fare ampio uso delle zone grigie», secondo lo storico Georg Kreis. «Concentrarsi sulle questioni umanitarie e sulla ricostruzione dopo la fine della guerra non è sufficiente; le parti attaccate devono prima sopravvivere ed essere in grado di respingere con successo l'attacco». Ammette l'importanza di aiuti “civili”, ad esempio forniture di generatori o altre risorse, ma dov'è la differenza tra questo e fornire indirettamente munizioni per contrastare un nemico che bombarda condomini, ospedali e scuole? Per lui, al momento, è «incomprensibile» parlare di negoziati.
«Tutti vorremmo vedere gli aggressori respinti e la leadership russa rispondere a un tribunale internazionale, ma una tale vittoria non è in vista per l'Ucraina». Ne è convinto il critico slavista (e quindi esperto di affari russi) Ulrich Schmid, secondo cui una pace negoziata «sembra irrealistica, perché non ci sono partner negoziali, non c'è un oggetto di negoziazione e non c'è un linguaggio negoziale comune». Cosa può fare la Svizzera? «È giusto che discuta il significato e lo scopo della neutralità». Per Schmid, però, parlare di “neutralità armata perpetua” (come fa l'iniziativa di Cristoph Blocher) è realistico solo in tempi “tranquilli”. Se la situazione si facesse brutta, e qualche potenza ostile preparasse un attacco militare diretto alla Svizzera, «l'adesione alla NATO diverrebbe plausibile».
«Un attacco alla libertà»
Infine, per la filosofa politica Katja Gentinetta «chi sostiene il diritto internazionale deve condannare questa guerra di aggressione. L'attacco della Russia è attualmente rivolto all'Ucraina, ma è rivolto all'Europa liberaldemocratica. Non ci sono dubbi. L'Ucraina sta quindi difendendo non solo la sua libertà, ma anche la nostra. Chi vuole abbandonare l'Ucraina e invocare negoziati non solo ignora questa lotta per la libertà, ma lancia un immorale appello alla sottomissione».
Per quanto riguarda le azioni di Berna, per Gentinetta la Svizzera dovrebbe «ammettere che l'inasprimento della legge sul materiale bellico pochi mesi prima dell'invasione russa è stato un errore». Questo «va annullato nel modo più rapido e chiaro possibile».