Il 25enne losannese è pronto ad affrontare le conseguenze delle proprie azioni, anche se ciò significa passare da cinque a dieci anni dietro le sbarre
ZURIGO - Aziz B., il 25enne losannese partito per combattere con lo Stato Islamico nel 2015, sogna di tornare in Svizzera. Dal campo di prigionia curdo nella Siria settentrionale, dove 20 Minuten lo ha rintracciato, ha espresso il suo desiderio di fare assolutamente rientro in patria. Cittadino svizzero di origine bosniaca, addestrato sul posto e già noto con il nome di battaglia di Abu Wael al-Swissri, è pronto ad affrontare le conseguenze delle proprie azioni, anche se ciò significa passare da cinque a dieci anni dietro le sbarre.
16 "foreign fighter" svizzeri tornati - Sono 60 i casi aperti dal Ministero pubblico della Confederazione riguardante jihadisti partiti dalla Svizzera. Secondo l'intelligence elvetica sono 16 i "foreign fighter" tornati a casa, ma solo per 13 casi ci sono conferme. Costoro, una volta rientrati in patria, devono attendersi l'apertura di un procedimento penale. Aziz B., nel caso riesca a tornare in Svizzera, rischia fino a cinque anni di carcere. Egli nega di essere entrato in azione durante operazioni sul terreno: nel caso si fosse macchiato di un assassinio, la pena per omicidio intenzionale si aggira intorno ai vent'anni.
Più severi all'estero - La Svizzera applica provvedimenti troppo lievi rispetto ai partner stranieri, lamenta il terzo rapporto della task-force Tetra diretta dalla Fedpol: con una pena massima di 5 anni «non siamo più credibili nel confronto internazionale». Negli Stati Uniti, ad esempio, in caso di condanna il minimo è di 20 anni. Per questo motivo il Consiglio federale pensa a un giro di vite: mettersi in viaggio con l'intenzione di aggregarsi a un'organizzazione terroristica dovrebbe comportare una pena fino a cinque anni di reclusione, che diventerebbero dieci in caso di adesione. Tra le misure c'è anche la tracciabilità dei jihadisti nella banca dati Schengen.
Richiesta di una pena minima - Secondo Beat Villiger, vicepresidente della Conferenza dei direttori cantonali di giustizia e polizia, il provvedimento sul tavolo del Consiglio federale non è sufficiente: viene proposta una sanzione pecuniaria come pena minima, mentre a suo giudizio sarebbe consigliabile la reclusione per almeno un anno. «L'importante» afferma il ministro zughese «è che l'appartenenza a un'organizzazione terroristica come l'Isis sia sufficiente per una condanna».
Resta aperta pure la questione su come comportarsi con i jihadisti dopo l'esecuzione della sentenza. Si sta discutendo a tal proposito di utilizzare alloggi sicuri. Villiger, inoltre, sostiene che si debba revocare la cittadinanza - in caso di reati gravi - a per quei soggetti in possesso di doppio passaporto. Questo in realtà è possibile già oggi e il caso di Aziz B., come detto, non è isolato e inedito: la minaccia di un'espulsione graverebbe sul 25enne in caso di rimpatrio. A livello federale sono in corso diversi procedimenti di espulsione contro jihadisti in possesso di un passaporto svizzero.