È però nell'interesse di entrambe le parti proseguire con la via bilaterale, sottolinea il Consiglio federale.
Per questo il dialogo politico fra Svizzera e Unione europea dovrà proseguire. Ignazio Cassis: «Geograficamente ed economicamente, siamo destinati a collaborare».
BERNA - Le divergenze tra Svizzera e Unione europea in alcuni settori chiave sono ancora sostanziali. Fumata nera, di conseguenza sull'Accordo istituzionale. Dal punto di vista del Consiglio federale, riunitosi oggi, le condizioni per una conclusione dell’Accordo non sono infatti soddisfatte. Pertanto ha deciso di non firmarlo e lo ha comunicato oggi all’UE.
Terminano così i negoziati sulla bozza di accordo. L’Esecutivo ritiene tuttavia che sia nell’interesse comune della Svizzera e dell’UE salvaguardare la collaudata via bilaterale e portare avanti con convinzione gli accordi esistenti. Per questo motivo intende avviare un dialogo politico con l’UE sul proseguimento della collaborazione. Contemporaneamente ha incaricato il DFGP di esaminare in che modo si potrebbero stabilizzare le relazioni bilaterali attraverso eventuali adeguamenti autonomi della legislazione nazionale.
Per presentare nel dettaglio i risultati della consultazione da Berna tre membri dell'esecutivo si sono presentati davanti alla stampa: Guy Parmelin, presidente della Confederazione e capo del Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca (DEFR), Karin Keller-Sutter, consigliera federale e capo del Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) e Ignazio Cassis, consigliere federale e capo del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE).
Proprio il ticinese ha spiegato i fattori che hanno portato alla fine dei negoziati. «L'accordo quadro istituzionale avrebbe cambiato radicalmente il rapporto tra la Svizzera e l'UE», ha affermato. Il Consiglio federale non aveva praticamente alcun margine di manovra e ha quindi deciso d'interrompere i negoziati, «pur consapevole che il fallimento avrà anche effetti negativi per il nostro Paese».
Nessuna soluzione favorevole alla Svizzera - I colloqui con l’UE non hanno permesso di trovare le soluzioni di cui la Svizzera aveva bisogno nei settori della direttiva sulla libera circolazione dei cittadini UE, della protezione dei salari e degli aiuti di Stato. In particolare per quanto riguarda la protezione dei salari permangono divergenze sostanziali.
«I punti menzionati rappresentano interessi essenziali per la Svizzera», hanno sottolineato unanimi i tre consiglieri federali. Senza le correzioni auspicate, infatti, non sarebbe soprattutto garantita l’azione di tutela delle misure di accompagnamento attualmente in vigore. Nel caso di un eventuale recepimento della direttiva sulla libera circolazione dei cittadini UE nell’Accordo sulla libera circolazione delle persone (ALC), devono essere esplicitamente stabilite alcune eccezioni, senza le quali c’è il rischio che i diritti delle persone che beneficiano della libera circolazione siano estesi, con possibili ripercussioni anche sui costi dell’assistenza sociale. Il recepimento integrale equivarrebbe di fatto a un cambio di paradigma nella politica migratoria, che gode di ampia accettazione tra la popolazione e i Cantoni.
Commissione europea informata per iscritto - Il Consiglio federale intende difendere questi interessi essenziali e, ritenendo che non siano soddisfatte le condizioni per concludere l’Accordo, ha dunque deciso di non firmarlo. Il presidente della Confederazione Guy Parmelin ha informato oggi per iscritto la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen di questa decisione. Terminano così i negoziati con l’UE sulla bozza di accordo istituzionale.
Prima di prendere questa decisione, il Consiglio federale ha consultato e sentito le Commissioni della politica estera dell’Assemblea federale e i Cantoni. Anche le parti sociali sono state informate. I risultati di questi colloqui sono confluiti nella decisione dell’Esecutivo.
Necessità di maggior chiarezza - L’Accordo istituzionale - ricordiamo - aveva lo scopo di assicurare anche in futuro l’accesso della Svizzera al mercato interno dell’UE e di permetterne l’ulteriore ampliamento.
L’Accordo avrebbe rappresentato un cambiamento radicale nelle relazioni tra la Svizzera e l’UE. Nell’ambito degli accordi di accesso al mercato sarebbe stato introdotto il principio del recepimento dinamico del diritto. Era poi prevista l’istituzione di una procedura di composizione delle controversie per mezzo di un tribunale arbitrale. La Corte di giustizia europea sarebbe stata coinvolta laddove fosse stato necessario interpretare il diritto dell’UE.
Effetti negativi - Il Consiglio federale è consapevole del fatto che la mancata conclusione dell’Accordo porterà con sé anche effetti negativi, come ha già più volte comunicato. L’UE ha per esempio dichiarato in varie occasioni di non essere disposta a concludere nuovi accordi di accesso al mercato in mancanza di un accordo istituzionale.
L’Esecutivo ritiene tuttavia che sia nell’interesse di entrambe le parti che gli accordi esistenti (come quello relativo agli ostacoli tecnici al commercio [MRA], per quanto riguarda i dispositivi medici) continuino a essere aggiornati e che non vengano stabiliti collegamenti politici non pertinenti che coinvolgano, per esempio, la cooperazione nel campo della ricerca o l’equivalenza delle borse. Conta inoltre sul fatto che non sia accantonata la cooperazione in ambiti collaudati, come quelli della sanità e dell’elettricità.
Misure d'attenuazione - Per mitigare le conseguenze negative, il Consiglio federale ha da tempo cominciato a pianificare e parzialmente attuare misure di attenuazione volte a contenere i danni, tra cui la misura di protezione dell’infrastruttura delle borse svizzere attivata nel giugno 2019 con cui la Svizzera ha reagito alla revoca del riconoscimento dell’equivalenza da parte dell’UE.
Nel settore dei dispositivi medici, il Consiglio federale ha già adottato provvedimenti unilaterali per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti e la sorveglianza del mercato anche in assenza di un aggiornamento del relativo capitolo dell’MRA.
Proseguire con la via bilaterale - Secondo il Consiglio federale, è nell’interesse comune della Svizzera e dell’UE portare avanti la collaudata via bilaterale anche senza la conclusione di un accordo istituzionale.
La cooperazione si basa su un complesso di oltre 100 accordi bilaterali. Con i suoi 27 Stati membri, l’Unione europea è il partner più importante della Svizzera. La Svizzera, da parte sua, è uno dei più importanti partner commerciali dell’UE: il quarto per quanto riguarda il commercio di beni, il terzo per i servizi e il secondo per gli investimenti. La bilancia commerciale dell’UE presenta inoltre un’eccedenza stimata in decine di miliardi di euro. In Svizzera vivono 1,4 milioni di cittadine e cittadini dell’UE, cui si aggiungono circa 340 000 frontaliere e frontalieri UE e ben più di 200 000 persone all’anno soggette a notifica provenienti da Stati UE/AELS.
La Svizzera condivide i valori sui cui si basa l’Europa e si impegna a fianco dell’UE per affrontare le sfide globali, in particolare la protezione del clima, la promozione dei diritti umani, la pace e la sicurezza, e la lotta contro la povertà. Insieme all’UE lavora per rafforzare la cooperazione nei settori della salute, della tutela dell’ambiente, dello sviluppo regionale e della digitalizzazione, e si mostra solidale con l’Unione nelle questioni migratorie.
Dialogo politico - L’Esecutivo intende inoltre mantenere e – qualora sia possibile e risponda al reciproco interesse – ampliare il partenariato con l’UE tramite i trattati bilaterali. Propone quindi all’UE di avviare un dialogo politico al fine di sviluppare e attuare un’agenda condivisa sulla futura collaborazione e punta a cercare di risolvere insieme problemi specifici, garantendo così l’applicazione quanto più fluida possibile degli accordi esistenti.
Esame autonomo della legislazione svizzera - Il Consiglio federale ha incaricato il Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) di esaminare, in collaborazione con gli altri dipartimenti, la possibilità di adeguare autonomamente la legislazione nazionale allo scopo di stabilizzare le relazioni bilaterali. L’Ufficio federale di giustizia individuerà le attuali divergenze tra il diritto dell’UE e l’ordinamento giuridico svizzero e chiarirà dove l’armonizzazione giuridica potrebbe essere utile e di reciproco interesse. Si tratterà di un processo autonomo che coinvolgerà le parti sociali e i Cantoni.
Cronologia delle relazioni Svizzera-UE dal 2013 (in riferimento all’accordo istituzionale)