A un anno dalla colata detritica, sul Pizzo Cengalo si registra il movimento di tre milioni di metri cubi di roccia. La ricerca delle vittime, ancora disperse, è conclusa
BREGAGLIA (GR) - «D’ora in poi il 23 agosto sarà il giorno in cui penseremo alle otto vittime in Val Bondasca e alle loro famiglie, oltre che alle tante persone colpite dal disastro naturale avvenuto sul nostro territorio». Sono le parole di Anna Giacometti, sindaco del Comune di Bregaglia, a un anno dalla frana del Pizzo Cengalo. Un momento che è stato ricordato oggi in un incontro commemorativo a cui hanno partecipato anche il consigliere federale Guy Parmelin e il consigliere di Stato Christian Rathgeb.
Ricerche concluse - La mattina del 23 agosto 2017, otto persone erano state travolte in Val Bondasca dalla colata detritica che si era staccata dal pizzo. Nonostante le immediate operazioni di ricerca, di loro non si hanno tuttora notizie. Le nuove ricerche intraprese nel luglio 2018 sono rimaste senza esito.
La roccia si sta muovendo - Ora la montagna è costantemente monitorata da radar e telecamere: dopo la frana il sistema di allarme già esistente è stato ulteriormente ampliato e quindi completato nella primavera del 2018. Per tutto l’inverno e fino a luglio, dalle misurazioni non risultava alcun movimento di roccia importante e si sono verificati franamenti di piccole dimensioni. Gli ultimi dati rivelano invece che da luglio circa tre milioni di metri cubi di roccia sono di nuovo in movimento. Se il fenomeno perdurerà, quest’estate non è da escludere una frana di oltre un milione di metri cubi. Tutti i sentieri della Val Bondasca sono chiusi.
Dipende anche dal meteo - Lungo il fiume in Val Bondasca sono depositati all’incirca 1,5 milioni di metri cubi di materiale roccioso franato che, con sufficiente acqua, può essere messo facilmente in moto. Finora non si sono verificate precipitazioni intense e persistenti. Ma si prevede che, soprattutto in caso di violenti temporali estivi o di una nuova frana di grandi dimensioni, nuove colate raggiungano il fondovalle nei pressi di Bondo. I movimenti sulla montagna e l’evoluzione dell’estate 2018 sono quindi determinanti per l’andamento futuro degli eventi.
C'è un piano d'emergenza - Il Comune comunque è pronto: il bacino di ritenzione è stato provvisoriamente ampliato fino a raggiungere circa 300’000 metri cubi di capacità ed è stato elaborato, in collaborazione con gli enti cantonali, un piano di emergenza. La popolazione è stata informata nel dettaglio sul comportamento da osservare in caso di necessità. Nel caso in cui l’accesso al paese dovesse nuovamente essere minacciato, resta a disposizione la strada provvisoria attraverso il ponte d’appoggio militare. Tutte le informazioni sono disponibili sul sito web del Comune.
Ventitré milioni per le opere di premunizione - In collaborazione con l'Ufficio tecnico cantonale dei Grigioni, il Comune sta elaborando un progetto definitivo di opere di premunizione per le aree di Bondo, Spino, Sottoponte e Promontogno, nonché per i futuri collegamenti stradali. Il progetto tiene conto anche della necessità di salvaguardare l'insediamento di Bondo. I costi approssimativi si aggirano sui 23 milioni di franchi.
Parmelin: «Ci vorrà ancora tempo» - Il consigliere federale Parmelin ha ricordato la visita effettuata lo scorso settembre: i danni erano enormi, ma la catastrofe è stata gestita bene dalla Confederazione, dal Canton Grigioni e dal Comune di Bregaglia. La ricostruzione richiederà ancora un po' di tempo, ha aggiunto il capo del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport, che giudica l'intervento dell'esercito «rapido e molto professionale». La Svizzera, ha ribadito, dovrebbe prendere esempio da questa cooperazione a favore della protezione della popolazione: «Il nostro sistema di milizie ha dimostrato ancora una volta la sua validità» ha sottolineato il ministro, che ha ringraziato il popolo svizzero per la grande solidarietà.